«Canto le sue canzoni Modugno è nel cuore»

Giovedì 15 Novembre 2018
L'INTERVISTA
«Salgo a bordo del deltaplano delle canzoni di Domenico Modugno e sorvolo la mia infanzia, la Sicilia e l'Italia di quegli anni, le facce, le persone, vicende buffe, altre dolorose, altre nostalgiche e altre ancora che potranno sembrare incredibili». Beppe Fiorello introduce con queste parole lo spettacolo Penso che un sogno così..., che dopo oltre 400 date torna nei teatri quest'anno e che sarà il 13 e 14 novembre a Udine, il 16 a San Donà di Piave, il 18 al Sociale di Rovigo, e il 20 novembre a Thiene (info http://www.arteven.it). Firmato dallo stesso Giuseppe Fiorello e Vittorio Moroni per la regia di Giampiero Solari, il lavoro dà corpo e voce con le musiche eseguite dal vivo da Daniele Bonaviri e Fabrizio Palma alla straordinaria parabola dell'artista e dell'uomo Modugno, ma anche alla storia intima dell'interprete.
Fiorello, quando ha ascoltato per la prima volta la voce di Domenico Modugno?
«L'ho amato fin da piccolo grazie a mio padre, che era appuntato della Guardia di Finanza e che vedeva Modugno come un idolo. Io sono cresciuto con le sue canzoni, e ognuna di queste mi riporta alla mente ricordi bellissimi. Mio padre le cantava tutte, ma la sua preferita era Amara terra mia. Proprio lui mi ha trasmesso l'intento di Modugno di narrare storie terrene, umane, intrise anche di dolore».
Chi è Modugno per Giuseppe Fiorello?
«È davvero una figura importante, un'ispirazione che mi accompagna da anni sia nella fiction che nel teatro. Ho agganciato il mio destino a due persone fondamentali: mio padre e Mimmo, a cui mi lega un'idea d'appartenenza anche artistica. Nello spettacolo racconto che mio padre mi ha cresciuto con i suoi 45 giri e poi mi sono ritrovato casualmente ad interpretarlo in quel bellissimo film. Ho anche avuto paura quando mi hanno telefonato, perché mettersi i baffetti è facile ma la voce? Ho studiato canto e per mesi ho preso lezioni di chitarra».
È vero che indossa la giacca del grande artista durante lo spettacolo?
«Ho fatto vedere alla moglie Franca un video de Un uomo in frac, in cui ho sovrapposto la mia voce ai fotogrammi in bianco e nero originali. Ha sorriso. Ci hai messo il cuore - mi ha detto - e poi mi ha regalato la giacca azzurra che Mimmo indossò a Sanremo. Mi stava a pennello: le maniche erano perfette, le spalle pure».
Come è nata l'idea di questo progetto?
«Non è uno spettacolo su Modugno, ma racconto la mia vita, la mia infanzia, l'Italia di quegli anni... Con questo spettacolo ho voluto ritrovare me stesso, dialogare con un passato mai dimenticato per mettere in chiaro cose che non avevo centrato bene. Franca mi ha raccontato molte cose sul marito, ma altri ricordi sono venuti da Renzo Arbore, dal produttore Claudio Bonivento e da Tony Renis. Franca ha detto che non sono Mimmo, ma ci metto il cuore come faceva lui. Nella preparazione del personaggio l'elemento più forte è stato mio padre: mi è mancato troppo presto e per questo metto un po' di lui in tutto quello che faccio».
Modugno ha cantato una narrazione collettiva?
«Modugno cantava cose vere e apparentemente semplici: il pesce spada, i grilli, il cavallo cieco della miniera, il suicidio di un uomo in frac, i capelli ricci di una ragazza. Era un grande uomo. Odiava le regole ma le rispettava. Non era un idealista ma tendeva ad abbracciare una causa e riscontro una sorta di narrazione collettiva perché raccontava di temi sociali».
Chi è l'artista impegnato oggi? Esiste ancora?
«L'unico sogno che ho, il più grande di tutti, è che possa riemergere un sentimento civile in ambito politico e sociale. Il confronto, oggi, ha toni drammatici. Modugno fu molto impegnato nel sociale e fu anche un valido uomo politico. Con l'ambizione di diventare un uomo di spettacolo, non si sentì mai sopra le note, ma sempre una persona del popolo. Il consenso gli venne proprio dalla sua umiltà. A lui interessava impegnarsi per un obiettivo che avesse validi principi e ragioni dietro, non tanto per un colore politico. La politica, come la musica, erano un mezzo e un tramite per arrivare alla gente».
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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