Baglioni e il Festival: «È a mia immagine»

Domenica 17 Dicembre 2017
LE SCELTE
Racconta Claudio, sorridendo: «L'altro giorno una persona per strada mi ha fatto i complimenti per essere diventato, ha detto così, il dittatore artistico del Festival». Scherza, un po' si prende in giro, un po' sfodera la sua ironia, un po' dice la verità. Baglioni è un accentratore: «Sono un direttore artistico, non un eunuco», proclama. E il Sanremo che sta disegnando è, e sarà, molto a sua immagine e somiglianza. Un Festival 0.0 (così lo chiama) nel segno della tradizione, niente ghigliottine («non amo le parole forti: rottamazione, eliminazione e via dicendo»), diversi premi in stile Mostra di Venezia («potrebbe anche durare due settimane» minaccia ironico, ma non troppo), no al provincialismo di invitare star hollywoodiane tanto per invitarle
IMMAGINE
A sua immagine e somiglianza sono anche le canzoni che ha scelto, spingendo gli autori a cambiarle, inventando combinazioni, bocciando chi non aveva il pezzo giusto (Loredana Bertè, tanto per dirne una): «Il trio di Ornella Vanoni è nato così: Bungaro ha presentato una ballad che racconta la fine di una storia, Imparare ad amarsi. L'ho ascoltato e gli ho detto: mi piacerebbe che lo cantassi con l'altro autore, Pacifico. Poi è arrivata l'idea della Vanoni». Anche la canzone riesumata di Dalla è opera sua: «La Fondazione mi ha dato un provino e un testo scritto a mano trovato fra le sue carte. Una delle sue ultime cose, Almeno pensami. Mi è sembrato giusto affidarla a un interprete legato a lui come Ron».
Lo sdoppiamento dei Pooh è stato casuale, ma ne ha approfittato subito: «Ho invitato Facchinetti e Fogli. Poi è arrivata la canzone di Red Canzian e mi è sembrato curioso metterli in competizione».
L'arruolamento di Elio e le storie tese, invece, è tutta opera sua: «Ho visto i manifesti del loro ultimo concerto, martedì prossimo a Milano, e li ho chiamati: «Dovevate scrivere concerto d'addio. Se volete davvero che gli italiani vi credano, venite a sciogliervi davanti alla grande platea di Sanremo». Così finiranno la loro carriera all'Ariston. E spero che siano i soli a chiudere» scherza ancora, svelando così le sue paure. «Ho detto tre volte no alla Rai, alzando ogni volta la posta. Non mi ritenevo all'altezza. Alla quarta, dopo un mese, ho ceduto. In fondo questo ritorno, dopo due volte come ospite, avviene a fine carriera, l'anno prossimo faccio 50 anni di questo mestiere».
MIRACOLO
Dopo aver compiuto il miracolo della moltiplicazione dei Pooh, e aver allungato la vita degli Elii, camminerà anche sulle acque del palcoscenico all'Ariston. Confessa: «Farò il sacrestano, quello che accende le candele». Magari pronto anche a partecipare alla messa cantata: «Però non so se me lo faranno fare». Intanto, al posto delle candele, ha acceso le canzoni. Lo ha fatto respingendo ogni pressione («ci sono state sollecitazioni anche di un vescovo e di un ex ministro», rivela), puntando sugli artisti con una storia alle spalle, perché i giovani hanno spazio nelle Nuove proposte.
ASSENTE
L'hip hop è assente («i rapper affermati guardano a Sanremo come un mondo lontano, ma ci saranno fra gli ospiti»), ci sono poche donne. Infine rifiuta ogni possibile accusa di conflitto di interesse: «Le schede degli artisti non le ho neppure guardate e i miei discografici non li ho mai frequentati».
Ora sta lavorando al resto del Festival: «Mi piacerebbe avere dei comici, con l'idea di farli interagire fra loro». Il nome della Hunziker resta forte. Quanto agli ospiti ci sarà da fare attenzione, visto che si andrà in onda in piena campagna elettorale. La gestione passerà anche al vaglio Tg1, incrociando le regole della par condicio (fra le altre cose c'è da risolvere la questione della presenza sul palco del sindaco di centrosinistra di Sanremo).
Marco Molendini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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