ARCHEOLOGIA
Se ne parla da anni ormai. Sono molti a sostenere che i dinosauri

Domenica 24 Settembre 2017
ARCHEOLOGIA
Se ne parla da anni ormai. Sono molti a sostenere che i dinosauri potrebbero tornare a vivere. C'è chi ritiene che si possa farlo grazie al Dna degli uccelli, loro diretti discendenti. Altri promettono che si partirà da particolari moscerini chiamati drosofile, altri ancora si sono spinti più nella fantasia, come il regista Steven Spielberg con il film Jurassic Park che più o meno tutti abbiamo visto. Chi non ricorda lo scienziato che riuscì ad estrarre il Dna dal sangue della zanzara contenuta nell'ambra che aveva infastidito con la sua noiosa puntura proprio un T-rex. Fanta geologia? Gli scienziati sono scettici, ma l'ambra e i dinosauri sembrano essere legati da un filo conduttore comune.
Non a caso, nel periodo del Triassico, all'incirca 232 milioni di anni fa, nell'area dove oggi sorgono le Dolomiti, si venne a formare un ambiente tropicale dove crescevano specie oggi estinte di conifere, le quali per motivi ancora non confermati, subirono un forte stress climatico tanto da emettere copiose quantità di resina poi diventata ambra fossile. E sempre in quel periodo, guarda caso, cominciarono a scorrazzare i primi dinosauri, ben diversi da quelli giganteschi che siamo abituati ad immaginare, ma pur sempre dinosauri. Potrà mai la scienza quindi sfruttare gli organismi contenuti in quello scrigno magico che è l'ambra per riportare in vita gli organismi di allora? E perché no, magari proprio i dinosauri? Se ne parlerà, tra le altre cose, in un documentario ambientato sulle Dolomiti, dal titolo Col dei Bos, la montagna dell'ambra.
LE DOLOMITI
L'ambiente spettacolare che siamo abituati a vedere oggi quando ci rechiamo sulle Dolomiti è assai diverso da ciò che esisteva alle origini di queste montagne. «Innanzitutto c'è da dire che nel Triassico il territorio corrispondente alle attuali Dolomiti, era spostato in un'altra area del pianeta, più o meno al 20° parallelo di latitudine nord, dove oggi si estende il Sahara. Conseguentemente il clima era tropicale, molto caldo, similmente a quanto accade oggi alle Bahamas» spiega Gianluca Piccin, presidente di Dolomiti Project.
«Il paesaggio era composto da atolli circondati da un mare poco profondo e la lenta deposizione di carbonato di calcio ha generato nel corso del tempo le rocce della cosiddetta formazione dello Sciliar che oggi compongono ad esempio la Marmolada, il Catinaccio, il Latemar».
Dopo questa fase, circa 238 milioni di anni fa ci fu un periodo intermedio di eruzioni vulcaniche in una vasta area compresa tra Predazzo - Monzoni, la Val di Fassa e lo Sciliar, fino all'Agordino, quindi una nuova deposizione calcarea diede inizio alla formazione di una seconda generazione di isole, che oggi costituiscono la Dolomia Cassiana e formano rilievi come il Sassolungo, il Sella, il Picco di Vallandro, i Cadini, le Torri del Falzarego e lo stesso Col dei Bos, isole separate da bracci di mare relativamente profondo su cui si depositò l'attuale Formazione di San Cassiano dove, ad esempio, sorge l'abitato di Cortina d'Ampezzo.
I PRIMI DINOSAURI
Successivamente gli atolli vennero sostituiti da una piana costiera con lagune e delta fluviali, limitrofa ad aree emerse, dove crescevano quelle conifere che hanno prodotto le gocce di ambra rinvenute in uno zoccolo roccioso ben distinto che corre alla base della Tofana di Rozes, attraversa il Col dei Bos e termina in Badia proprio alle spalle del magnifico santuario di Heiligkreuz, sopra La Villa. Proprio in quel periodo cominciarono a diffondersi i primi dinosauri che passeggiavano sulle terre emerse limitrofe alla piana costiera, spingendosi di tanto in tanto su di essa in cerca di cibo e lasciando così numerose orme sui fanghi carbonatici. Una situazione ideale per completare la magia delle Dolomiti, come precisa Piccin: «in questo scenario, attorno a 230 milioni di anni fa, cominciò a depositarsi la Dolomia Principale, una roccia che, erosa durante il sollevamento delle Dolomiti, oggi forma il Pelmo, le Tofane, il Cristallo e tante altre vette, creando così uno degli scenari più belli al mondo, le Dolomiti patrimonio dell'Unesco».
L'AMBRA
Alla base delle Tofane, esattamente dietro il rifugio Dibona, affiora una particolare formazione rocciosa che si è generata per lenta deposizione, all'incirca 232 milioni di anni fa in un ambiente di piana costiera influenzata dalle maree, interrotta da lagune e fiumi che trasportavano sedimenti provenienti da aree emerse limitrofe. Tali sedimenti si ritrovano anche nella zona del Lagazuoi, a metà del Col dei Bos fino ad arrivare al Sasso della Croce alle spalle del santuario di Heiligkreuz, che in tedesco significa appunto Santa Croce. È proprio in queste zone che circa cent'anni fa lo studioso Ernst Friedrich Rudolf Karl von Koken scoprì le prime goccioline di ambra. Poi per molti decenni non si seppe più nulla, fino a pochi anni fa quando le ricerche svelarono forse la più importante quantità di ambra triassica del pianeta.
SULLE TOFANE
Spiega il professor Piero Gianolla, geologo dell'Università di Ferrara, uno degli autori (assieme a Guido Roghi del Cnr di Padova) degli studi effettuati sulle Dolomiti: «l'ambra è un particolare fossile originato dalla resina delle conifere e come noto ha la capacità di conservare per tempi lunghissimi gli organismi che vengono intrappolati al suo interno. Nelle oltre 70 mila goccioline ritrovate sulle Tofane e Lagazuoi abbiamo scoperto un mondo, dai grani di polline e spore a batteri e funghi, fino ad arrivare ai più antichi insetti in ambra finora rinvenuti. E' bene precisare però che quel che si vede al microscopio non è altro che una sorta di immagine fotografica di quello che era l'organismo di allora. Da qui a dire di poter estrarre il Dna per riportare in vita gli esseri viventi di quell'epoca, ne passa. Ma gustatevi il film, ne saprete di più».
Giovanni Carraro
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci