Alla ricerca di una mamma per narrare la tragedia istriana

Domenica 18 Febbraio 2018
Alla ricerca di una mamma per narrare la tragedia istriana
IL LIBRO
Che cos'è un nome? Un epiteto, un'identità, più spesso un'abitudine. Sicuramente qualcosa con cui ci crediamo unici. Per cui scavare le radici di un nome diventa una via preferenziale quando l'identità si sdoppia, succede spesso, per esperienze personali o semplicemente perché così ha voluto la Storia, quella con la s maiuscola. Ce lo racconta Pietro Spirito, in libreria con Il suo nome quel giorno (Marsilio, pag. 192, euro 16,50), sesto romanzo dell'autore triestino, già finalista al Premio Strega con Speravamo di più (Guanda). La guerra è uno dei suoi temi, Spirito si è sempre mosso bene tra frontiere, trincee e sommergibili. Questa volta però la prende di lato, sostando invece su quello che è stato l'esodo istriano, dopo il 1947 e per farlo si focalizza su un nome: Giulia appunto, Giulia o Giuliana figlia di profughi costretti alla vita del campo, una delle tante famiglie che hanno vissuto la tragedia della perdita, l'abbandono della casa, degli affetti e Giulia pagherà le conseguenze di questo passato.
LA TRAGEDIA ISTRIANA
Figlia di una ragazza madre, sarà ben presto data in adozione diventando da Giulia Vogric a Giuliana Striano. La sua vita scorre quindi altrove, lontano dalle radici, una vita come tante in fondo, ma nel momento in cui si rinnova una perdita del marito in questo caso ecco che il senso di smarrimento impone prepotente il bisogno di capire chi siamo. E qui inizia la caccia alle origini, la ricerca della madre e di un paesaggio che possa dire qualcosa su un'identità ignota o ignorata.
LA RICERCA DELLE ORIGINI
Il tema del doppio non è nuovo in Spirito, il suo merito sta nel trasformare argomenti storici in temi esistenziali, senza pedanterie o forzature, Spirito riesce sempre a dirci quanto «si possa perdere tutto, e basta un momento». E ci si mette anche la memoria, a tormentare le ferite. Sì certo, il protagonista è una sorta di custode della memoria, per ricordare ciò che è stato e quindi travasarlo nell'immediato futuro, per non sbagliare più. Ma la memoria, va detto, pare anche fare i conti in continuazione con un'esistenza di sconfitte e perdite. Perciò è garante di sicura sofferenza. Ce lo dicono i tanti personaggi che costellano i due protagonisti, primo tra tutti Joze, la sua narrazione sulla traversata dei profughi del Passo Ljubelj, è indubbiamente uno dei capitoli migliori, tra i più verticali in quanto a evocazione storica e quanto la storia può incidere la nostra vita. E Spirito lo esprime con una struttura alternata, che passa da ciò che è stato l'esodo, agli effetti sul presente, a chi cerca di liberarsi di una memoria e a chi invece la desidera tenacemente. Ognuno subisce delle perdite. La vita decide per noi, la vita, appunto, spesso se ne frega (anche) della nostra stabile identità. Chiunque può trovare il suo doppio, se ne ha il coraggio, la memoria e il passato servono a darci dei punti di riferimento per tracciare la rotta.
Mary Barbara Tolusso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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