L'INCHIESTA
PORDENONE È nel carcere di Velletri che l'imprenditore pordenonese

Domenica 24 Marzo 2019
L'INCHIESTA PORDENONE È nel carcere di Velletri che l'imprenditore pordenonese
L'INCHIESTA
PORDENONE È nel carcere di Velletri che l'imprenditore pordenonese Andrea Frecentese, arrestato nell'ambito della truffa delle auto schilometrate, ieri ha affrontato l'interrogatorio di garanzia. A differenza dell'altro coimputato sottoposto a misura cautelare in carcere, Fabrizio Bruno, 54enne di Nettuno che prima di avvalersi della facoltà di non rispondere ha rilasciato spontanee dichiarazione, Frecentese ha scelto la strategia del silenzio. L'avvocato Massimo Cescutti in questa fase non intende esporlo alle domande di un gip che interroga per rogatoria, senza conoscere nel dettaglio il fascicolo d'inchiesta. «L'ordinanza di custodia cautelare è molto articolata - spiega il legale, che ha preparato una memoria difensiva - Ho bisogno di studiarla e di confrontarmi con il mio assistito, dopodichè chiederò che venga interrogato dal pm Claudia Danelon». È probabile che dopo l'istanza al Tribunale del Riesame, mossa che permetterà di esaminare la mole di documentazione raccolta dalla Guardia di finanza di Pordenone e dalla Polstrada di Udine, prenda corpo la strategia difensiva.
L'ARRESTO
Frecentese è stato arrestato giovedì mattina ad Aprilia (Latina), mentre lavorava all'interno di un capannone. Quando sono arrivati i finanzieri, stava mettendo a posto pezzi di ricambio. Mentre gli esibivano l'ordinanza, altri finanzieri, assieme agli agenti della Polstrada, perquisivano la sua abitazione in piazzetta Freschi a Pordenone e mettevano i sigilli a beni di lusso e alle sue Porsche. Nel carcere di Velletri si è trovato a condividere gli spazi con personaggi che fanno parte di organizzazioni criminali come il clan dei Casamonica e quello degli Spada.
L'ASSOCIAZIONE
Co-amministratore delle società di rivendita auto Global Service Srl, Auto Wagen Srl, Car&Car Srl e Autopiù Srl, gli viene ritagliato un ruolo apicale assieme a Fabrizio Bruno e Marco Fois nell'associazione a delinquere contestata anche ad altri 15 indagati. Era lui a cercare su internet, nei siti stranieri, le foto delle macchine da porre in vendita su Autoscout.it e a occuparsi delle trattative con i clienti che cercavano a prezzi stracciati soprattutto Audi, Bmw, Maserati e Mercerdes. Secondo la Guardia di finanza, tra il 2013 e il 2017 avrebbe incassato attraverso bonifici bancari 171mila euro dalle società (esclusa la Autopiù, fallita lo scorso maggio) e avrebbe prelevato da un conto corrente sloveno, intestato allo Studio Auto di Lorenzo Minini Strukelj, 769mila euro. Ulteriori prelievi, poi ridistribuiti tra i principali associati, sono quantificati in 1,8 milioni. Tra il 2017 e il 2018, attraverso Autopiù, avrebbe infine guadagnato 2 milioni con caparre incassate su false vendite.
LE ALTRE ACCUSE
Gli vengono contestati, in concorso con gli altri indagati, reati fiscali: dal rifiuto (in due circostanze) di consegnare scritture contabili e documenti alla Guardia di finanza all'evasione di Iva per quasi 5 milioni di euro. È accusato anche di aver indotto al falso i pubblici ufficiali della Motorizzazione civile per ottenere circa 700 carte di circolazione, della truffa dei contachilometri ribassati del 50/70% e di aver truffato i clienti incassando i soldi di auto che poi non ha venduto attraverso la Global Service Srl (a Prata, Brugnera e Codroipo) e la Autopiù Srl (a Padova tra ottobre 2017 e marzo 2018). Infine, la Procura di Udine gli contesta anche, in concorso con Marco Fois, di aver indicato nel bilancio 2015 della Auto Wagen Srl di Roma un ingiusto profitto, così da far apparire solida la società agli occhi dei clienti poi truffati. Avevano omesso di indicare che avevano un debito di 3,3 milioni nei confronti dell'Erario (tra il 2011 e il 2014), indicando un utile di 238mila euro.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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