IL PROGETTO
UDINE Un Grande cocomero in centro a Udine per cercare di salvare

Giovedì 12 Ottobre 2017
IL PROGETTO
UDINE Un Grande cocomero in centro a Udine per cercare di salvare (da se stessi e dagli altri) i bambini e i ragazzi che rischiano di perdersi o addirittura, nei casi più gravi, «di essere agganciati in situazioni di piccola delinquenza». Un servizio con operatori di strada che vadano a recuperare questi bambini sperduti (per dirla con una citazione da Peter Pan) nei quartieri difficili, nella zona della stazione, nei non-luoghi «dove sanno di poter trovare lo sballo» o in quelli dove vanno in marina. E personaggi di richiamo, dal calciatore al dj, che possano, magari, dedicare a questi piccoli uomini e piccole donne un po' del loro tempo in uno spazio che potrebbe assomigliare, per l'appunto, al Grande cocomero di Roma, immortalato anche nel film della Archibugi. È questo «il sogno» della consigliera regionale del Pd Silvana Cremaschi, frutto anche della sua esperienza nella Neuropsichiatria infantile.
IL SOGNO
Un «sogno» che, almeno a giudicare dal piglio battagliero dell'esponente Dem, potrebbe concretizzarsi in tempi non biblici. «Quando finirà il mio mandato in Regione, intendo mettermi sotto per realizzare questa idea. Penso a una specie di centro sociale per adolescenti - spiega Cremaschi -. Un luogo in centro a Udine per mettere in piedi dei laboratori aperti a ragazzi dai 12 ai 18 anni, che lì possano fare di tutto, dal riparare le bici alla fotografia, con il coinvolgimento di personaggi famosi e anche non: artisti, calciatori, volontari che abbiano voglia di dedicare qualche ora del loro tempo e che esercitino un richiamo sui giovani». Questo, per sua stessa ammissione è il sogno. Ma la realtà? «Gli spazi ci sono: ci sono diverse ipotesi allo studio - assicura Cremaschi -. Ho già cominciato a parlarne con le associazioni. Il mio sogno sarebbe quello di avere degli educatori di strada che potessero girare la periferia, ma anche il centro, per catturare l'attenzione dei minori a rischio e portarli in questo spazio nuovo. Una cosa simile potrebbe essere fatta anche negli altri capoluoghi». I fondi? «Se si facesse come servizio sociale o neuropsichiatria, i fondi verrebbero destinati sulla base del numero di utenti, invece questo spazio dovrebbe nascere più dalla società civile. Punterei a partire con le associazioni, coinvolgendo gli imprenditori e poi la Regione».
I DESTINATARI
Cremaschi ha in mente casi concreti, visti «durante il servizio in Neuropsichiatria». «Ci sono diversi quartieri a Udine dove girano se non vere e proprie bande, gruppi di ragazzini guidati da leader con il piglio da adolescenti maledetti, che rischiano di trascinare anche gli altri. Ma avevo conosciuto anche minori che passavano il tempo a spicciolare. Alcune mi dicevano che, così, raccoglievano anche 50 euro al giorno. Altri, invece, arrivavano addirittura a vendere il loro corpo in cambio di soldi. C'erano ragazze, poi, che aggredivano le loro compagne per derubarle». Ovviamente, «non sono la maggioranza, ma la punta di un iceberg di situazioni che vanno prese in carico». Ragazzi sperduti. Come Maria (un nome di fantasia), «che a 14-15 anni dormiva in una caserma abbandonata». O come gli hikikomori nostrani, «che vivono chiusi in casa, soli davanti al computer». Minori «che non sono di nessuno, né della Neuropsichiatria, né del Consultorio, né della scuola, che frequentano magari poco». Prendersene cura è complicato. «Le scuole fanno quello che possono. E non tutte le famiglie ci riescono». Il modello a cui pensa Cremaschi «si ispira al Grande cocomero ma potrebbe assomigliare anche alla Masseria del film L'intrusa. Ma penso anche alla nostra esperienza finita nel libricino sul Corridoio del Gervasutta, uno spazio disegnato con i ragazzi e costruito con loro, con il divano per i momenti di crisi, il tavolino per mangiare.... Un luogo quasi autogestito, che rompeva lo schema del classico ambulatorio».
Camilla De Mori
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