Il gran giorno del referendum per Fiumicello e Villa

Domenica 24 Settembre 2017
URNE APERTE
FIUMICELLO Sono 5.443 gli elettori dei comuni di Fiumicello e Villa Vicentina che oggi, dalle 7 alle 23, saranno chiamati ad esprimersi per il referendum di fusione tra le loro due comunità. Subito dopo la chiusura del voto inizieranno le operazioni di scrutinio. Non è previsto il quorum, la scelta al quesito sarà semplice: o sì o no.
«Si può fare fusione mantenendo storia e identità» è stato il motto dei due primi cittadini, Ennio Scridel e Gianni Rizzatti, in queste settimane di campagna referendaria, durante le quali hanno presentato i vantaggi derivanti dal processo aggregativo, sia in termini economici che sociali.
PROSPETTIVE
Se vincerà il sì, il nuovo Comune di Fiumicello Villa Vicentina avrà 6.326 abitanti, si estenderà su una superficie di 28,80 chilometri quadrati e diventerà il secondo per popolazione dopo Cervignano all'interno dell'Uti Agro Aquileiese, «dotandosi di personale amministrativo che include tutti i responsabili di servizio, 9 operai, una cuoca e 14 impiegati». La Regione ha stanziato 120mila euro per la promozione della fusione che, con il sì dei cittadini, porterebbe nelle casse del nuovo ente un contributo di 1 milione e 500mila euro, che sarà erogato in 5 anni. Se a Fiumicello i favorevoli al nuovo Comune appaiono la maggioranza, a Villa Vicentina si sono registrate le opposizioni maggiori. Per i contrari, con la fusione - giudicata dai detrattori «politica» e non «costruita tra le comunità» - non ci guadagnerebbe nessuno: per una questione numerica Villa Vicentina varrà un quarto di Fiumicello, e i costi dell'amministrazione comunale sono irrisori rispetto al servizio svolto.
LA STORIA DELLE FUSIONI
I primi in ordine di tempo a provarci furono nel 2007 i comuni di Campolongo e Tapogliano e di Attimis e Faedis. I primi due ci riuscirono, gli altri due no. Poi nel 2012 fu la volta di Rivignano e Teor, e il progetto in questo caso andò in porto, così come accadde nel 2013 tra Valvasone e Arzene. Poi dal 2014 è arrivata la nuova normativa pensata per imprimere ancor più impulso a questi percorsi aggregativi previsti dalla Costituzione e dallo Statuto regionale, eppure da quel momento in poi ci sono stati solo naufragi, in sette casi su sette, nonostante i vari fondi messi a disposizione per le campagne referendarie e in prospettiva per le casse comunali dei comuni promessi sposi. Bocciate in ripetizione dall'elettorato le fusioni tra Azzano Decimo e Pravisdomini, così come tra Codroipo e Camino al Tagliamento, tra Monfalcone, Staranzano e Ronchi dei Legionari, tra Tramonti di Sopra e di Sotto, Gemona e Montenars, Manzano e San Giovanni al Natisone, e, ultimo caso in ordine di tempo nel giugno scorso, tra Flaibano, Mereto di Tomba e Sedegliano. Ora oggi ci riprovano Fiumicello e Villa Vicentina mentre ad ottobre in Carnia saranno chiamati alle urne i cittadini di Villa Santina, Raveo e Lauco da una parte, quelli di Treppo Carnico e Ligosullo dall'altra. Nel 2018 all'orizzonte pure quello tra Aquileia e Terzo.
David Zanirato
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