IL CASO
TRIESTE «Le nostre figlie erano giovani e innamorate. Non ci ascoltavano».

Sabato 23 Marzo 2019
IL CASO
TRIESTE «Le nostre figlie erano giovani e innamorate. Non ci ascoltavano». Annamaria, Antonella, Luciana e Mariella sono le mamme coraggiose di Michela Baldo, Nadia Orlando, Romina Ponzalli e Lisa Puzzoli. Giovani donne uccise dai rispettivi compagni. Quattro testimonianze che loro, mamme rimaste orfane ingiustamente, hanno voluto condividere nell'ambito dell'incontro promosso ieri a Trieste dalla Commissione regionale per le pari opportunità.
LE TESTIMONIANZE
La prima a prendere la parola è Antonella: la figlia Nadia, 21 anni di Vidulis di Dignano, venne uccisa dal friulano Francesco Mazzega il 31 luglio del 2017. Il giovane è agli arresti domiciliari. «Mi ritengo una mamma che per forza deve andare avanti racconta interrompendosi ogni tanto per asciugarsi il viso dobbiamo pensare a suo fratello che oggi ha 19 anni». Francesco? «Mi piacque a primo impatto, fui io ad aprirgli le porte di casa. Arrivava con rose rosse e chiedeva di portarla al mare. Lo invitavamo a pranzi, anche quello di Natale, e cene ma pian piano mi accorsi che stava isolando mia figlia da tutto e da tutti. Era geloso, non le lasciava i suoi spazi». Antonella ricorda quando Nadia andò via per una settimana in vacanza con il fidanzato. Era estate. «La chiamavo al telefono ma rispondeva lui, la teneva sotto controllo. Quando mia figlia ritornò a casa capì da sola che non era stata la vacanza che si era immaginata. Doveva guidare lei perchè lui non se la sentiva eppure 11 ore in auto con il cadavere di Nadia a fianco le ha fatte». Tanti, troppi campanelli d'allarme. «La storia finì, Nadia era tornata se stessa prosegue Antonella - ma ci fu quell'ultimo appuntamento. Mi disse ciao mami, ci vediamo domani mattina e io la rimproverai. Le dissi non fare tragedie, restate amici ma ognuno per la sua strada». Impossibile trattenere le lacrime: «Alle 21.15 il cuore di mamma ha sentito una fitta. Nadia è in pericolo disse la mia testa e mandai mio marito a cercarli». Il resto purtroppo è cronaca. «E pensare che non volevo un genero con i tatuaggi, lui in giacca e cravatta era un mostro. Quando una mamma vede certi segnali, li vede giusti». Si attende ora la sentenza d'appello dal Tribunale di Trieste: «Doveva andare dentro subito e pagare. I genitori sono complici suoi». Ieri a Trieste ha voluto esserci anche il sindaco di Dignano Riccardo Zuccolo. E poi c'è Annamaria che il 7 giugno del 2016 ha perso la sua Michela, «troppo bella e brava per difendersi da lui che si recava sul posto di lavoro di mia figlia un'ora prima per sorvegliarla. L'ha uccisa e si è ucciso. Meno male perché lo avrei sicuramente ammazzato io». A darle supporto, l'assessore alle pari opportunità del Comune di Spilimbergo Ester Filipuzzi.
LA PAURA
Poi, è la volta di Mariella: «Sono sei anni che ho perso mia figlia. L'ha uccisa con nove coltellate. Ora sto crescendo mia nipote che mi chiama mamma. Il papà lo chiama quel signore che è in prigione». Anche in questo caso «sembrava un uomo di altri tempi, si presentò da noi con le rose e un orsacchiotto. Ci andò a convivere ma solo di sera potevamo contattarla: lui le portava via le schede Sim». Lisa rimase incinta e fu l'inizio della fine: «Voleva portarle via la bambina, vivevamo con i Carabinieri sulla porta. Il 7 dicembre del 2012 uccise mia figlia sul portone di casa per 300 euro, per l'assegno di mantenimento della bambina. Noi? Siamo mamme a metà, il nostro 50% è in cimitero». Infine Luciana e Roberto. Sono i genitori di Romina, ex Miss Gorizia, uccisa nel 2004 da un proiettile sparato da un uomo di 15 anni più grande di lei. Per la prima volta hanno trovato la forza di parlare in pubblico della loro tragedia: «Si presentò come un uomo distinto. Invece poi abbiamo passato un anno di inferno perché minacciava di portare via i bambini». Baruffe, gelosie e pedinamenti: «Giocava al Casinò mentre Romina portava i bambini all'asilo in bici con la pioggia».
Elisabetta Batic
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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