Gli ospedali e la cura del fine vita Soffrono anche medici e infermieri

Sabato 24 Marzo 2018
LA SOFFERENZA
UDINE Camici bianchi che entrano ed escono dalle sale operatorie, infermieri che curano pazienti dentro e fuori le mura degli ospedali. Al centro ci sono loro, i pazienti, appunto. Persone che soffrono, che sperano, che lottano per vivere o che chiedono con un filo di voce di poter morire senza soffrire. Ma i pazienti non sono solo un insieme di sintomi, una diagnosi e una cura, sono persone, tutte accomunate dallo stesso diritto, la dignità. La recente legge sul fine vita ha riportato al centro due concetti non facili nel mondo della sanità: la relazione tra paziente e medico, il rispetto delle convinzioni e delle scelte di un paziente. Per i non addetti ai lavori il tema della bioetica può dire tutto e nulla, per chi indossa un camice bianco deve riempire questo contenitore di precisi significati.
IL CONVEGNO
Con questo obiettivo gli operatori della sanità si sono dati appuntamento a Udine al convegno regionale di bioetica dal titolo quanto mai significativo: Aver cura della dignità. In questi mesi sono stati somministrati e raccolti all'interno delle aziende sanitarie oltre 2.000 questionari, 2.195 per la precisione e chiamati a compilarli erano i professionisti, medici, infermieri e operatori sociosanitari. Per il 93,3% l'etica in sanità è una dimensione integrante della professione, ma sono ancora numerose le situazioni che generano negli operatori sofferenza morale.
I DATI
A presentare i dati Giuseppe Sclippa (nella foto), direttore sanitario dell'Aas5 che ha indicato come obiettivo del questionario, importato dal vicino Veneto, capire se in Friuli Venezia Giulia la sanità è pronta ad affrontare i grandi temi della bioetica e del fine vita. I più attivi nella compilazione sono stati gli infermieri, il 60%, un dato che non stupisce se si pensa al rapporto che s'instaura tra loro e i malati, mentre ha risposto solo l'11% dei medici. Dai questionari è emerso un dato su tutti: per il 45% degli operatori genera conflitto ed è fonte di sofferenza la mancanza di rispetto verso i pazienti e per il 28,3% l'accanimento terapeutico, in una parola il concetto di umanizzazione. Ricordando i casi Englaro e Welby l'86% degli intervistati ritiene che il clamore suscitato dai problemi etici esprime il fatto che nell'attuale pratica clinica sono sempre più in gioco diritti fondamentali che, in quanto tali, non possono essere affidati alla gestione dei soli medici.
LE CURE PALLIATIVE
Non è, invece, un conflitto sentito per la coscienza l'applicazione della sedazione palliativa che aiuta i malati terminali a non soffrire ed è un atto di cura per calmare il dolore e non ha nulla a che fare con l'eutanasia, un diritto dei pazienti che la maggior parte degli operatori sanitari, stando agli esiti del questionario, non intende negare. Nelle strutture sanitarie genera inoltre un grosso problema l'attuazione della dimissione degli anziani malati cronici e privi di assistenza familiare, «nonostante tutti gli sforzi che questa Regione sta facendo ha commentato Sclippa chi lavora nelle strutture sanitarie percepisce come questo sia uno dei problemi che generano più conflitto».
LA FORMAZIONE
Oltre un quarto degli intervistati ha manifestato anche interesse per la formazione su queste tematiche, un segnale forte da parte degli operatori sanitari che manifestano la volontà di essere preparati e di avere l'approccio corretto quando si tratta di rispetto della dignità dei pazienti, un segnale arrivato soprattutto da quei professionisti che fanno assistenza domiciliare e dunque ancora più vicini alla realtà che circonda un malato e la sua famiglia, situazioni che si toccano particolarmente da vicino. Uno degli strumenti per ampliare questa riflessione è rappresentato dai comitati etici per la pratica clinica, introdotti recentemente anche in Fvg.
Lisa Zancaner
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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