Alcuni forzisti tenuti fuori dalla camera ardente

Domenica 17 Giugno 2018
IL CASO
GORIZIA È lo stesso figlio di Ettore Romoli, Andrea, a confermare ieri nel pomeriggio di aver precluso ad alcuni esponenti di Forza Italia Fvg l'ingresso alla camera ardente per un saluto al padre, morto nella notte tra mercoledì e giovedì all'età di 80 anni, dopo che il 22 maggio era stato eletto con voto trasversale presidente del Consiglio regionale. Candidatosi nella sua Gorizia, il 29 aprile aveva portato il partito in città al 21%, rispetto a una media regionale del 12%. «Ho impedito a Giulio Camber di entrare nella camera ardente» e «ho cacciato anche il fratello», ha scritto Andrea Romoli in un messaggio Whatsapp, riferendosi in prima istanza all'ex senatore, figura per molti anni centrale tra gli azzurri triestini. Ad un altro esponente del partito, il vicepresidente della Regione e assessore alla Sanità Riccardo Riccardi, che ha chiesto se fosse possibile entrare, «è stato negato il permesso», ha aggiunto il figlio. Le contrapposizioni politiche che hanno attraversato Forza Italia nel corso dell'ultima campagna elettorale per le nazionali prima e poi per le regionali si sono infilate così anche nella celebrazione di commiato di ieri. È stato ancora il figlio Andrea a farne esplicito riferimento nella commemorazione che ha letto in chiesa, ripercorrendo i motivi dell'aggravarsi delle condizioni di salute del padre. «La sua affezione era assolutamente curabile, se affrontata nei tempi e nei modi giusti, ma lui aveva una battaglia da combattere ha raccontato il figlio facendo, riferimento alle cause che hanno aggravato lo stato di salute di Romoli-. I medici lo avevano supplicato di operarsi 4 mesi fa ma lui sapeva che se si fosse mostrato debole e fragile i suoi nemici gli si sarebbero buttati addosso. E così ha proseguito - mentre ogni giorno le forze lo abbandonavano, quegli uomini cercavano di fare il vuoto attorno a lui per farlo crollare. Non avevano fatto i conti con noi, la sua grande famiglia allargata che al momento di scegliere abbiamo fatto capire con l'arma irresistibile del voto come la pensassimo. Solo quando la missione era stata compiuta e onorata dalla più alta assemblea regionale, che con un voto corale lo ha nominato presidente del consiglio, solo allora mio padre ha accettato di farsi curare. Troppo tardi». Nella ricostruzione del figlio, a quel punto Romoli, «conscio ormai dell'aggravarsi della sua situazione, ha voluto però assicurare la continuità dell'ufficio di presidenza confermando alla guida dello staff un uomo retto e capace, colpevole però di non essere della sua stessa parte politica. Per questo gesto di correttezza e responsabilità ha patito l'onta di essere espulso dal partito che aveva contribuito a creare».
A.L.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci