Rabbia nei laboratori «Non sapevamo nulla»

Venerdì 18 Gennaio 2019
ALL'OSCURO
PONTE DI PIAVE «Da parte della Stefanel c'è la più assoluta omertà. Lavoriamo per l'azienda da molti anni. Nonostante questo, però, finora nessuno ci ha detto nulla sulla nostra sorte. Ci troviamo sull'orlo di un baratro. Ma ci impediscono anche di vederlo». È la voce che si alza dai laboratori tessili della zona di Ponte di Piave, che tirano avanti con le commesse ricevute proprio da Stefanel. Negli anni 80 ce n'erano decine. Poi sono via via calati. In paese si respira un'aria da fine epopea. Sta cedendo, forse in modo definitivo, un marchio che ha fatto la storia di Ponte di Piave. Ma la questione non è soltanto simbolica. Sarebbe triste, ma non così drammatico. Qui, invece, c'è ancora un indotto che adesso rischia di colare a picco. Pur non essendo dipendenti diretti, diverse famiglie della zona gestiscono laboratori che di fatto campano con il lavoro per Stefanel. Cosa ne sarà di loro? «Aspettiamo che qualcuno ci dica qualcosa allargano le braccia fino a questo momento l'azienda non si è fatta avanti. Sappiamo solo quello che leggiamo sui giornali».
SPALLATA FINALE
A causa delle difficoltà del tessile, già negli ultimi anni sono rimasti in piedi a fatica. Ora rischiano di ricevere la spallata finale. Il modello della rete di laboratori che ha fatto grande il marchio di abbigliamento trevigiano è in rovina. «L'azienda era fantastica. Una famiglia. Ha dato tanto a Ponte di Piave. Una crisi del genere fa male a tutti spiega Stefano Favaro, dipendente della Stefanel per 37 anni, dal 1973 al 2010, nella veste di responsabile del controllo qualità chi ancora lavora lì sta vivendo giorno per giorno una situazione veramente tragica. Probabilmente è stato un declino annunciato. Vuoi per la crisi generale o per altre cose. Giuseppe Stefanel ha fatto tutto quello che ha potuto, fino a quando ha potuto. Ma adesso siamo davanti a un problema veramente brutto, a una tragedia per tutto il paese. Siamo vittime della delocalizzazione. Con la realtà della Cina, tutte le aziende stanno portando il lavoro all'estero. C'erano tanti laboratori che lavoravano per il tessile, ora è praticamente finito tutto».
COMUNE IMPOTENTE
Favaro, oltre a guidare la Pro Loco di Ponte di Piave, è stato consigliere comunale fino all'agosto dell'anno scorso, quando il municipio è stato commissariato. Anche il Comune si interessò alle difficoltà dell'azienda. Ma il suo raggio d'azione era inevitabilmente limitato. Adesso auspica che possa esserci un intervento delle istituzioni: «Speriamo che la Regione e il governo prendano in mano la situazione, ne va dell'immagine di un'azienda leader nel settore dell'abbigliamento, conosciuta in tutto il mondo». In questi giorni a Ponte di Piave non si parla d'altro. «Purtroppo gli esuberi erano nell'aria: quando si presenta un concordato in bianco vuol dire che ormai l'azienda è proprio messa male dice Alvise Tommaseo per noi era una realtà importante: per decenni è stata un punto di riferimento anche per l'occupazione. E ora temo che le cose siano irreversibili. Mi auguro di no. Ma la situazione è davvero brutta. Probabilmente qualcosa è stato mal gestito. Forse bisognava intervenire prima. Fino a 15 anni fa Ponte di Piave si identificava quasi con il marchio Stefanel».
STORIE DI EMIGRAZIONE
«Conosciamo persone che pur di non perdere il lavoro hanno accettato di essere sbattute all'estero per mesi e mesi, per riuscire a dar da mangiare alle famiglie tira le fila Nicola Callegari, titolare del bar ricevitoria Giocatutto in piazza Garibaldi e ora, nonostante i sacrifici fatti, si trovano in queste condizioni. E pensare che fino a qualche anno fa Stefanel contava quasi mille dipendenti. Ci sono molti clienti che dicono che il papà ha costruito l'impero e il figlio l'ha distrutto in poco tempo».
Mauro Favaro
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