«Prego perché torni la Lega del 94»

Mercoledì 17 Gennaio 2018
LA SFIDA
TREVISO «Fandonie!». Giancarlo Gentilini torna sulle barricate. L'intervista a Gian Paolo Gobbo, in cui l'ex sindaco ha ricordato gli screzi tra lo Sceriffo e Umberto Bossi e il suo appoggio a Flavio Tosi, non gli è andata giù. Per il rispetto che ha nei confronti di Gobbo, non lo nomina mai - «Non so chi abbia detto quelle cose, non mi interessa», sbotta in uno slancio diplomatico - ma respinge al mittente ogni accusa. E mette, inevitabilmente, un'altra pietra sopra il suo rapporto con la Lega.
«Io in collisione con Bossi? Accusa del tutto infondata - precisa con forza - ho solo risposto a Bossi quando invitava gettare nel cesso il tricolore. Lo chiamai e gli dissi di non essere d'accordo. Lo invitai a venire con me a fare un giro sul Piave, sul Montello e sul Grappa, a entrare nelle case dove su ogni camino c'è la fotografia di un caduto in guerra, di uno che ha sacrificato la vita per la Patria. E gli dissi che per questo motivo non lo avrei seguito. e glielo dissi in faccia. E immagino che, oggi, anche Luca Zaia sia sulla stessa mia linea, visto che partecipa a tutte le cerimonie patriottiche e degli Alpini».
CON TOSI
Sistemata la questione Bossi, rimane quella più bruciante dell'accusa di aver appoggiato Tosi, ovvero il segretario nazionale espulso per tradimento: «Un'altra fesseria colossale - esplode - quando Tosi era leghista, disse che vedevo lui e Zaia come i leghisti in grado di cambiare il governo romano. Ma solo questo. Dire altro è una calunnia». E poi il rapporto con Dimitri Coin, segretario provinciale con cui una riappacificazione è impossibile: «Sia chiaro - scandisce - sono io che non voglio vedere Coin. Lui ha messo in dubbio la moralità di Gentilini nella gestione della cosa pubblica. Mi ha accusato di aver lavorato per sistemare i miei amici, mettendo in dubbio la mia moralità. Io non ho mai appoggiato nessuno, nemmeno i miei figli. Ho solo fatto il mio dovere, non ho mai chiesto niente o preteso cariche. Nessuno, nel mio Comune, ha mai messo le mani nella marmellata. Io sono un leghista della Lega del 1994, quella Lega che stimo e prego il Signore perché prima o poi ritorni».
VENDETTA
Gentilini ha una nota di delusione nella voce. Non parla del suo futuro, che comunque è ormai lontanissimo da questa Lega, ma ammette: «Sono deluso da chi riversa fandonie e calunnie sul nome di Gentilini. Ma ho imparato che la gratitudine non è di questo mondo. Le ferite sulla schiena inferte dai nemici si sono ormai rimarginate, quelle invece lasciate da chi credevo amico sanguinano ancora. E il sangue - conclude minaccioso - pretende vendetta». In questo caso, ovviamente, la vendetta è tutta politica. Lo Sceriffo è intenzionato a farsi valere nell'agone politico. Vuole individuare una persona in grado di portare avanti il suo vangelo. E zittisce anche chi lo accusa di spaccare il centrodestra e di aiutare, in questo mondo, il sindaco uscente Giovanni Manildo: «Io portare fieno a Manildo? Non credo proprio. Manildo è come quelle mucche già prenotate per esser macellate». E giù un'altra risata. Lo Sceriffo è più in forma che mai. Pronto per un altro duello.
Paolo Calia
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