Mancano supplenti le scuole su Facebook

Sabato 25 Marzo 2017
Mancano supplenti le scuole su Facebook
Ormai non mancano che un paio di mesi alla fine dell'anno scolastico. Ma gli istituti sono ancora alla ricerca di supplenti. I prof pronti a salire in cattedra per brevi periodi sono merce davvero rara. Esaurite le graduatorie, le scuole si ingegnano come possono. Anche pubblicando avvisi sui propri siti internet che poi rimbalzano su Facebook. La speranza è che un insegnante libero, non impegnato in altri lavori, li veda e decida di farsi avanti. Cosa non scontata, dato che i compensi per poche ore di supplenza potrebbero non valere neppure il costo della benzina per andare a scuola.
E poco importa che non sia abilitato. Se si tenesse conto anche di questo, con i numeri attuali non si riuscirebbe a coprire un sacco di cattedre. È accaduto ad esempio nell'istituto comprensivo di Ponzano. «Si ricerca personale si legge nella circolare firmata dalla preside Emanuela Pol in possesso dei requisiti per l'insegnamento nella scuola primaria, disponibile a supplenze brevi anche se non abilitato». Un appello che via Facebook è stato condiviso in poche ore da decine di persone. La carenza di supplenti riguarda in particolare le scuole elementari della Marca. Ma non solo. Spesso, in caso di assenze brevi dei docenti, le classi vengono divise in altre sezioni. Ormai per quest'anno non c'è niente da fare: si arriverà a giugno così.
Quali le cause di questo pasticcio? «Il peccato originale sta nella legge sulla Buona scuola spiega Salvatore Auci dello Snals che ha scaraventato 90mila persone in ruolo a mille chilometri di distanza da casa. Poi, viste le proteste, è stata data loro la possibilità di tornare indietro con le assegnazioni provvisorie. C'è stato un esodo verso il centro-sud, in particolare per quanto riguarda il sostegno. E non sono da biasimare i docenti, ma chi prima li ha mandati a mille chilometri da casa. Fatto sta che lo spostamento ha svuotato gli organici, così ora gli istituti si ritrovano a dover chiedere una mano a chi mai e poi mai avrebbe pensato di riuscire ad andare a lavorare nella scuola. Si tira su di tutto e si rischia di pagarne le conseguenze sulla qualità dell'insegnamento».

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