LA STORIA
Si dice che il bisogno aguzza l'ingegno. È così anche nel

Martedì 24 Ottobre 2017
LA STORIA
Si dice che il bisogno aguzza l'ingegno. È così anche nel carcere trevigiano di Santa Bona quando si tratta di far funzionare le televisioni presenti nelle celle messe a disposizione degli ospiti del penitenziario. Che non sono proprio tecnologia all'ultimo grido, non esattamente schermi piatti o ad alta definizione. Piuttosto si tratta di vecchi modelli che vanno avanti ancora con il tubo catodico, scatoloni da dodici pollici con i tastoni anni Ottanta e non sempre dotati di quell'insostituibile pezzo di comfort che si chiama telecomando. Ma dove non arriva l'hi-tech scatta l'inventiva.
LO STRATAGEMMA
Succede allora che per azionare gli apparecchi, i reclusi, giusto per non alzarsi ogni volta dalla branda, usino a volte dei piccoli manici con cui pigiare a distanza i bottoni per cambiare canale, spegnere o accendere. Uno stratagemma di abilità che nel tempo diventa una abitudine, veri e propri colpi da maestro come un affondo di fioretto o una spaccata con tre palle in buca al tavolo verde del biliardo.
IL DANNO
Roba che sera dopo sera finisci per fare praticamente ad occhi chiusi. Oddio, magari non proprio chiusi visto che aver tentato di mettere in funzione la tv a distanza con questa tecnica primitiva, ma di solito efficace, causandone però la caduta e la rottura, stava per costare caro ad un carcerato 30enne marocchino, finito a processo per danneggiamento in carcere. Troppo sicuro di quella manovra, compiuta con successo chissà quante volte, invece di premere il tasto giusto, ha spinto l'angolo sbagliato e la televisione è finita a terra andando in pezzi. Oltre al danno di restare senza tv, per lui è scattata anche la beffa di vedersi accusato di danneggiamento. Se poi stai dentro per rapina e hai una fedina penale di un certo livello, vaglielo a spiegare che è tutto un incidente e non un atto di vandalismo, o l'esito di qualche spintone fra compagni di cella, o che l'hai fatto apposta solo perché sei una testa calda.
CHI ROMPE PAGA
Siccome chi rompe paga, l'amministrazione penitenziaria ha pensato di far arrivare il conto al marocchino; non sotto forma di un risarcimento in denaro, ma con una denuncia e un processo da cui avrebbe potuto scaturire anche un allungamento della pena detentiva che sta scontando. Difeso dall'avvocato Salvatore Cianciafara il 30enne è però riuscito a dimostrare che in effetti non si è trattato di un atto di danneggiamento ma più semplicemente il telecomando improvvisato ha fatto cilecca. Una spintarella di troppo, la forza dosata male, chi lo sa. Il giudice Michele Vitale gli ha creduto e l'uomo è stato assolto. Da ieri probabilmente basta trucchetti per cambiare canale: meglio la sana ginnastica su e giù dalla branda. Sarà pure una rottura ma di sicuro si rischiano meno rogne.
Denis Barea
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