La signora delle rose: «Un erede per il parco»

Lunedì 22 Gennaio 2018
La signora delle rose: «Un erede per il parco»
L'APPELLO
TREVISO La dama delle camelie ha certo turbato tanti cuori. Ma la signora delle rose ha saputo regalare bellezza alla quotidianità di molti, arginare la solitudine di altri, appagando il suo amore per la natura. Una vera regina, che ha eletto a proprio castello il giardino di villa Manfrin e con un mix superbo di glamour e fatica ha ricreato spazi di vita tra roseti, piante, fiori. Angela Sambo sembra un'anziana signora inglese: pratica e coquette, gusto e sentimentalismo, mani veloci e spiccato senso pratico. Nel 2015 la sua storia ha commosso la città.
Al punto che Giovanni Manildo ha voluto conferire un premio a questa cittadina esemplare che, da sola e senza nulla chiedere si è rimboccata le maniche e ha ingentilito con un'attività di cura volontaria gratuita quotidiana dal 2000 uno dei parchi più belli della città. Due anni fa però la giardiniera silenziosa di villa Manfrin, che oggi ha 78 anni, è stata colpita da un ictus. Da allora la sua vita non è più la stessa. Per questo ha deciso di rivolgere un appello al sindaco. «Io ormai sono malata e impossibilitata nel prendermi cura del parco, aiutatemi a trovare un'erede».
Signora Sambo, qual è oggi il suo cruccio più grande?
«Non riuscire a prendermi cura del parco come un tempo. Lo frequento ancora, quasi ogni giorno, ma la malattia mi ha reso molto fragile. Vedo le cose e non posso intervenire, mi prende un senso d'impotenza».
Ma come le è nata questa passione? Ha sempre coltivato il giardinaggio?
«Non ho mai avuto il pollice verde. Poi un giorno, entrando in questo luogo in cui portavo da piccoli i miei figli, l'ho visto in disordine. Certo, i tecnici fanno i lavori e le manutenzioni, ma per certe cose ci vuole l'occhio di una donna».
Da allora, quasi ogni pomeriggio viene tra i roseti e gli alberi.
«Si, il più possibile. Con la bicicletta a tre ruote, con i miei attrezzi. Mi sono sempre data da fare. Ma quello della cura delle piante è solo un aspetto: in realtà dicevo un buongiorno ad un anziano solo, facevo quattro chiacchiere con le mamme. E' bello guardarsi negli occhi e farsi semplice compagnia».
Cosa le dava maggior soddisfazione in questa attività? «Salvare un arbusto, riuscire a recuperare un fiore. Ma soprattutto aver ricostituito il roseto. Quando intervenni erano rimaste due roselline sparute».
Lei non è nata con il pollice verde, eppure ha saputo realizzare cose molto belle.
«Sono nata nel cuore di Treviso a San Leonardo, non ho parenti contadini, in pratica davvero sapevo poco o nulla. L'ingrediente principale è la voglia di rendere un posto armonioso e accogliente. Io sono sempre stata una persona attiva, quando una cosa non mi piace, non riesco a fermarmi. Devo sistemarla. E così ho fatto con il parco. Prima ho ripulito le edere, poi ho piantato qualche fiore, poi messo a dimora un alberello, poi cercato di consolidare gli argini del laghetto, infine l'opus incertus che collega allo specchio d'acqua. Cose così. Sempre con la schiena piegata a fare qualcosa. Ma è più forte di me, non riesco a stare con le mani in mano».
Purtroppo oggi la sua salute è meno soddisfacente di un tempo.
«L'ictus mi ha messa davvero in difficoltà. Cerco di venire più spesso che posso al giardino, ma non è più la stessa cosa. Sono molto preoccupata, per questo ho deciso di lanciare questo appello al sindaco».
Quale sarebbe in sostanza il suo desiderio?
«Che mi aiutasse a trovare una specie di erede, qualcuno disposto a proseguire la mia attività. Nei giardini è così, serve una presenza quotidiana. Ci vogliono molte cure».
Non è facile trovare una persona che si dedichi anima e corpo e in maniera del tutto gratuita. Ne è consapevole?
«Forse non è facile, ma ci sono tante persone in buona salute che hanno del tempo da impiegare. Io ho sempre pensato che da trevigiana doc fosse un onore prendermi cura della mia città e di un luogo così bello. E' un'attività che dà moltissimo: i fiori, le piante, la presenza di bambini, mamme, anziani. E' stato faticoso ma gratificante. E poi io non sparirei. Non ce la faccio: lo considero anche un po' mio questo parco. Ci ho messo così tanto amore. E non posso pensare che finisca tutto così».
Elena Filini
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