L'ultimo miglio dell'Ostiglia il cantiere ancora in stallo

Mercoledì 24 Gennaio 2018
IL NODO
TREVISO Chi ha davvero urgenza di completare l'ultimo Miglio della Treviso Ostiglia? Senza dubbio il Comune di Treviso, che sulla rete di ciclabili ha costruito una parte del suo progetto di smart city. Senza dubbio la Regione Veneto, che ha inaugurato con grande enfasi i lavori per l'ultimo tratto di ciclabile, e che la finanzia. Ma tra quest'ultima e la Brussi Srl, la società del gruppo Grigolin che ha vinto l'appalto e sta eseguendo i lavoro, ci sarebbe una sorta di braccio di ferro. Di questo si parla in effetti tra gli addetti ai lavori di Ca' Sugana.
La ragione sarebbe questa: le società, per potersi assicurare appalti pubblici, devono concorrere al ribasso, con preventivi dunque dove il guadagno è davvero marginale. Nel caso in cui, però, in itinere, si trovasse una sorpresa non preventivata, la società può fermare i lavori e presentare un adeguamento finanziario che, a questo punto, non è più soggetto a bando. Ed è proprio lo scenario che si starebbe profilando in questa occasione.
Secondo la stima, infatti, il materiale che la ditta avrebbe dovuto asportare per la costruzione dell'ultimo miglio avrebbe dovuto essere terreno di risulta, riutilizzabile altrove (e quindi redditizio) o trasportabile senza grossi aggravi di spesa. Con tutta probabilità però le indagini fatte sui territori nei quali insiste il cantiere (in questo caso viale della Serenissima) sono state sommarie. È possibile che la società abbia fatto dei prelievi superficiali e non dei carotaggi. Considerando che quella era l'area della ex Treviso Servizi, era improbabile che non si trovasse nulla nel sottosuolo. E infatti intorno al 25 ottobre lo stop imprevisto: lungo il sedime, all'altezza della ex Treviso Servizi, sui terrapieni che costellano l'area contigua alla Dogana e al Cerd, gli operai della Brussi trovano dei rifiuti anomali. Il cantiere viene fermato e i campioni analizzati. Si tratta di una miscela catalizzata che fino al febbraio 1998 era considerata rifiuto non pericoloso e dunque legittimamente impiegabile.
Questo materiale in teoria sarebbe ancora utilizzabile, ma va presentato un piano di smaltimento in discarica, o di trasformazione e riutilizzo. I rifiuti rinvenuti, ripetono Arpav e Comune, non sono pericolosi per la salute dei cittadini. E non c'è rischio di percolamento nelle falde. Lo stop ai lavori avrebbe quindi una sola ragione, attualmente. Un problema di tipo economico. La ditta che ha vinto l'appalto vorrebbe rivedere il budget e fare l'adeguamento. Ma non è detto che la Regione sia disposta a riaprire il faldone costi.
Elena Filini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci