«L'hanno portata via dopo 7 anni con noi»

Martedì 18 Dicembre 2018
IL CASO
VITTORIO VENETO Chissà cosa avrà scritto nella letterina per questo Natale in cui magari troverà dei regali sotto l'albero ma ad aprirli con lei non ci saranno il suo papà e la sua mamma. Perché il mondo di una bambina di soli nove anni, gli ultimi sette trascorsi in affido in una famiglia del vittoriese, è crollato in un attimo, quando i servizi sociali l'hanno portata via da quella che, da quando aveva due anni, era diventata casa sua. È stato come se in un attimo fossero svanite certezze, si fossero dissolti affetti, fossero state rase al suolo relazioni e stabilità di una bimba a cui la vita aveva offerto una nuova occasione, nuovi affetti e nuove attenzioni dopo un'esistenza iniziata in maniera problematica. Un trauma impossibile da cancellare. L'hanno portata via per effetto di una decisione presa dai servizi sociali e da quelli socio sanitari della Usl 2 a ottobre e adesso la famiglia vittoriese non sa più dove si trovi. E soprattutto la famiglia non sa il perché della separazione, tanto da affidarsi all'avvocato veneziano Roberta Bettiolo che, come prima mossa, ha chiesto urgentemente all'Usl 2 gli atti relativi alla decisione che sarebbe stata assunta senza coinvolgere il Tribunale dei minori di Venezia, a cui il legale ha quindi presentato anche una istanza urgente.
LE REAZIONI
A reagire è stata anche la comunità che vive intorno alla famiglia. Per tutti l'allontanamento della bambina è stato uno strappo, una vera ingiustizia, tanto che sacerdoti, amici e conoscenti, vicini e tanti operatori delle associazioni impegnate nel settore della solidarietà sociale del territorio hanno preso a cuore il caso decidendo di scrivere un appello al Garante regionale dei diritti della persona. Sullo sfondo non ci sarebbero, a quanto sostiene l'avvocato Bettiolo, vicende di maltrattamenti o peggio di violenza nei confronti della bambina. Nessuna denuncia, nessuna segnalazione ai servizi sociali su quella famiglia di italiani, un nucleo all'apparenza normale, una casa tranquilla, un ambiente sicuro per la piccola che in tutto questo tempo ha costruito uno stabile rapporto affettivo con i genitori affidatari e gli altri parenti. «Aveva bisogno di una situazione diversa», questa è stata la motivazione fornita dalle autorità sociosanitarie, intervenute in ottobre «ma solo dopo - spiegano - che la famiglia affidataria era stata informata per tempo». «Ma noi delle motivazioni non sappiamo nulla - ha spiegato ieri l'avvocato Bettiolo - è una decisione che per ora ci appare inspiegabile. Tutto è cambiato improvvisamente con una comunicazione scritta ma c'è un legame affettivo che è stato compromesso, c'è la storia di una crescita che ha visto i miei assistiti accompagnare emotivamente la piccola nelle tappe importanti di questo suo scorcio di vita, dall'approdo alla scuola all'inizio della dimensione relazionale e alla scoperta delle amicizie. Ed è come se il tempo trascorso insieme fosse stato spazzato via».
UNA LETTERA
Tutto svanito apparentemente senza una ragione, con una raccomandata portata un giorno dal postino. È bastata la consegna della lettera per mettere sottosopra la vita di una bambina di nove anni che sa perfettamente come quel papà e quella mamma non siano il vero padre e la vera madre ma su cui in sette anni cui ha risposto la fiducia, dando e ricevendo l'amore e la protezione che probabilmente i suoi genitori naturali, per chi sa quale ragione, non avrebbero potuto garantirle. La famiglia affidataria, racconta l'avvocato, è stata «letteralmente travolta». «Non sappiamo dove sia stata portata la bambina - ha spiegato - stiamo cercando di capire cosa sia successo ma per ora tutta questa storia sembra avvolta da una densa cortina fumogena».
LA PAURA
E c'è il dolore dei genitori affidatari. Dolore e terrore di non rivederla più, paura che l'eco mediatico più che portare quello che è successo all'attenzione dell'opinione pubblica possa nuocere soprattutto alla bambina. Entrambi si sono allora stretti in un silenzio glaciale come l'atmosfera dentro alla loro abitazione da quando la bimba non c'è più. Resta la voglia di combattere, di non arrendersi, perché riportarla a casa e poterla riabbracciare forse non è solo una illusione. È l'unica cosa che che dà forza alla famiglia vittoriese mentre il pensiero fisso - fa capire l'avvocato - è che passerà il Natale in un ambiente a lei estraneo.
Denis Barea
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