«L'accoltello»: gli sms choc di Savciuc

Domenica 11 Novembre 2018
«L'accoltello»: gli sms choc di Savciuc
CONEGLIANO
«Ma quale tutto ok, la taglio io e tiro fuori». Mihail Savciuc, il giovane di origine moldava reo confesso dell'omicidio della ex fidanzata Irina Bacal, che era incinta di sei mesi di un bambino di cui il 19enne era il padre, dice così alla ragazza che frequentava quando Irina, nel marzo del 2017, insiste perché lui si prenda «le sue responsabilità», minacciando di andare a raccontare la storia della gravidanza alla madre. È il 3 marzo, due settimane prima l'omicidio. Mihail scrive quelle parole tremende su Whatsapp in una conversazione con la fidanzatina minorenne a cui racconta di Irina. La ragazzina cerca di tranquillizzarlo e rassicurarlo ma il giovane è una furia e mette nero su bianco quella che sembra la sentenza di morte per Irina Bacal.
È uno dei dettagli che si leggono nelle motivazioni della sentenza con cui il 19 gennaio scorso il gup Piera De Stefani lo ha condannato, in abbreviato, a 30 anni di prigione. In vista del processo d'appello, che inizierà il prossimo 20 novembre a Venezia, Mihail Savciuc ha deciso di cambiare il difensore e ora si è affidato all'avvocato veneziano Giorgio Pietramala, che dal giudizio di secondo grado spera di uscire con un importante sconto della pena. Ma davanti ai giudici veneziani Savciuc arriva con un quadro pesantissimo. Il gup De Stefani non ha riconosciuto l'aggravante della premeditazione chiesta dal sostituto procuratore Mara De Donà sulla base delle tracce trovate nel telefonino del ragazzo che raccontano di ricerche, effettuate in italiano e in romeno, su come avvelenare una persona, i dieci veleni più potenti, come uccidere un uomo a mani nude e come nascondere un cadavere.
IL QUADRO
Per la De Stefani quello di Savciuc fu comunque un omicidio efferato per quanto scaturito da un impeto d'ira dopo che, la sera del 19 marzo del 2017, lui e Irina si erano visti per parlare del bambino. Lei avrebbe insistito perché lui se ne occupasse, dopo essere stata in Moldavia probabilmente per verificare se poteva ancora abortire malgrado fosse arrivata alla 29esima settimana di gestazione. Lo minaccia, gli dice che andrà a raccontare tutto alla madre. Lui allora l'ha colpita con un sasso due volte, alla mandibola e alla tempia. Poi, con la ragazza tramortita a terra, le afferra il collo e la soffoca. Sulla portiera dell'auto di Savciuc gli inquirenti trovarono tracce del sangue di Irina, che sotto una unghia della mano sinistra aveva anche tracce del dna del ragazzo. L'autopsia conferma, contrariamente a quanto sostenuto da Mihail, che Irina ha cercato di difendersi. Le indagini arrivano quasi subito a Savciuc, che agli inquirenti racconta una marea di frottole. Ammette che la sera dell'omicidio aveva in effetti visto la ex, ma poi Mihail propina a chi lo interroga quattro versioni differenti dei fatti, tutte in contraddizioni una con l'altra.
LA SORELLA
A infliggere un colpo mortale al suo tentativo di darsi un alibi è la sorella, chiamata in causa dal 19enne relativamente ai suoi movimenti la sera del 19 marzo e che fornisce una ricostruzione di quella sera che smonta il racconto del ragazzo. Il poliziotto che interroga Savciu chiede allora: «Ma tu amavi Irina?», mostrandogli le foto della ragazza. Mihail risponde sì. «Se l'amavi - insiste l'investigatore - dimmi dove si trova e faccio ancora in tempo a salvarla. Aiutami». «No - risponde Mihail - non puoi più salvarla». Savciuc confessa dopo aver parlato, quella stessa sera, con la sorella. In commissariato di Polizia i due fratelli si abbracciano e scoppiano in pianto. «Che cosa è successo a Irina?» gli chiede la sorella. E lui risponde: «L'ho uccisa».
Denis Barea
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