Capelli di Irina nell'auto di Mihail

Venerdì 2 Giugno 2017
Capelli di Irina nell'auto di Mihail
Quattro capelli di Irina Bacal nell'auto di Mihail Savciuc: li avrebbero trovati gli esperti della Scientifica e, secondo la Procura e la parte civile, rappresenterebbero la prova schiacciante che la ragazza, contrariamente da quanto affermato dall'ex fidanzato, è stata uccisa altrove e poi abbandonata nel boschetto di Carpesica. Un altro tassello che, unito ad altri, lascerebbe pensare che l'omicidio di Irina non è stato un raptus, ma ha seguito un piano preordinato e pianificato. Nella sostanza è stato un omicidio premeditato.
Ogni giorno che passa sembra diventare più complicata la posizione del 19enne Mihail Savciuc, di Godega, attualmente in carcere con l'accusa di omicidio volontario per, aver brutalmente assassinato, reo confesso, l'ex fidanzata Irina Bacal, 20 anni, che, incinta di 7 mesi, stava per renderlo padre. Le perizie ordinate dal pm Mara De Donà stanno facendo emergere prove sempre più schiaccianti.
I 4 capelli di Irina, che erano mesi che non frequentava Mihail, non avrebbero dovuto essere nel bagagliaio dell'auto. A incastrare il 19enne ci sarebbe anche la perizia sui telefonini di Savciuc. Il 19 marzo, il giorno dell'omicidio, il giovane avrebbe cercato su internet informazioni riguardo alle procedure della Polizia per rintracciare i dispositivi mobili. Ma avrebbe anche consultato alcuni siti, da quanto filtra da fonti vicini ai legali della famiglia Bacal, per capire come comportarsi in un'indagine per omicidio. Un altro indizio che avvalorerebbe, per gli inquirenti, l'aggravante della premeditazione. Ma che confermerebbe, viste le dichiarazioni del 19enne, la sua abitudine a mentire. Secondo gli esperti quando Mihail incontrò Irina sapeva già cosa fare per disfarsi del telefono della ragazza. Dopo il delitto lo avrebbe formattato, cancellando molti messaggi delle chat di WhatsApp. Dalla cronologia internet dello smartphone di Savciuc invece è spuntata quella ricerca sui metodi utilizzati dalla Polizia per rintracciare un cellulare. Prove che potrebbero rendere ancora più difficile la posizione del 19enne che ha presentato ricorso in Cassazione contro la custodia cautelare in carcere.

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