«Andata e ritorno a Bruxelles con un coltello nel marsupio»

Lunedì 17 Dicembre 2018
IL CASO
TREVISO Da Treviso a Bruxelles e ritorno con un coltello a serramanico in tasca. E nessuno se ne è accorto. Proprio nei giorni in cui Strasburgo veniva colpita al cuore da un grave attentato, una coppia volpaghese ha avuto la dimostrazione di come i controlli negli aeroporti lascino, in alcuni casi, a desiderare. Non solo in Italia, ma anche all'estero. E non perché non ci siano, ma perché basta una disattenzione, nella quotidianità di un lavoro spesso meccanico, per compiere un errore. «Mercoledì - spiega Elena Gallina - io e mio marito siamo partiti per Bruxelles da Treviso e siamo ritornati ieri. In entrambi i casi, siamo riusciti a passare i controlli portando con noi un coltello a serramanico: all'andata era nel marsupio, al ritorno nella tasca esterna del bagaglio a mano».
LA PARTENZA
Quella lama, della lunghezza di 8 centimetri, è sfuggita infatti sia al metal detector degli aeroporti sia a chi si occupa di osservare le immagini degli oggetti contenuti nei bagagli, dalle borse ai marsupi al bagaglio a mano. «A mio marito Giovanni - continua Elena - piace lavorare il legno, andare a funghi etc; quindi ce l'ha sempre dietro per abitudine. Se lo tiene sempre in tasca o nel marsupio, per quando gli serve per i suoi hobby». E, prima di partire per Bruxelles, si è dimenticato di lasciarlo a casa: si è sottoposto ai controlli, quindi, senza sapere di averlo con sé. Lui non ci ha pensato, ma, evidentemente, non ci ha pensato neppure chi avrebbe dovuto farlo, soprattutto nei giorni in cui il barometro del terrore è ricominciato a salire per quell'attentato in cui ha perso la vita, fra gli altri, anche un giovane giornalista italiano. «Abbiamo fatto il viaggio di andata - prosegue Elena - proprio il giorno dopo l'attentato e solo quando era troppo tardi ci siamo ricordati di avere con noi quel coltello».
DOPPIA SVISTA
Sabato, il ritorno dalla breve vacanza. «Al ritorno -dice Elena- eravamo consapevoli di averlo di nuovo in tasca e eravamo indecisi se dichiararlo o no, sapendo che ce l'avrebbero sequestrato. Così abbiamo deciso di tentare e non dire nulla: abbiamo passato due controlli (un blocco della polizia e il controllo aeroportuale prima dell'imbarco) senza che nemmeno a Bruxelles si accorgessero del coltello. Ce l'abbiamo avuto a portata di mano, quindi, anche per l'intero volo di ritorno». Ovviamente, Elena e il marito tutto avevamo in mente fuorché l'idea di un attentato. E non era nei loro pensieri neppure l'intento di sfidare le autorità o le regole. Fa però riflettere la loro esperienza, soprattutto per la triste concomitanza con gli eventi di Strasburgo. «Fra l'altro - prosegue la donna - già in passato a mio marito era capitato di dimenticare di lasciare a casa il coltello. Gli era stato però sequestrato. Questa volta, invece, non è andata così, né all'andata né al ritorno». Un'esperienza che, senza dubbio, induce a salire con meno sicurezza su un aereo, soprattutto nei periodi in cui, anche psicologicamente, gli eventi di cronaca fanno sì che le persone si sentano più vulnerabili. Immaginare poi che, con controlli raddoppiati, l'oggetto sia potuto sfuggire, fa pensare ancora di più. Per quanto riguarda poi l'aria che si respirava a Bruxelles dopo l'attentato di Strasburgo, Elena commenta: «polizia in giro ce n'era parecchia, ma pensavamo che ne avremmo trovata anche di più». L'accaduto, comunque, dimostra che per quanto si possano intensificare i controlli, tutto è affidato alla coscienza e all'attenzione del singolo dipendente. E basta che un anello della catena si rompa per vanificare tutto, determinando tragedie. Ovviamente, non nel caso di Elena e Giovanni, che è tornato a casa con il suo strumento che gli servirà per costruire oggetti o tagliare funghi e non certo per distruggere vite umane.
Laura Bon
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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