Anche le aziende beffate dai social

Giovedì 17 Maggio 2018
Anche le aziende beffate dai social
L'ALLARME
TREVISO Le nuove minacce informatiche corrono sui social e sulle piattaforme digitali per scambiarsi messaggi via telefonino. La persona che non cliccherebbe mai quel link arrivato con una mail, invece su Whatsapp (una delle più diffuse app di messaggistica, ndr) si fida e clicca. Dobbiamo fargli capire che si tratti di Whatsapp, Messanger o Telegram, i link inviati da sconosciuti che promettono qualcosa non devono essere aperti», conferma Alessio Pennasilico, uno dei maggiori esperti italiani di sicurezza informatica. E nella trappola dei cyber-criminali cadono non solo adolescenti smartphone dipendenti o singoli utenti poco accorti, ma intere aziende, come è stato ribadito al Security Summit 2018, forum sul tema promosso ieri a Treviso, da Clusit, la principale associazione nazionale nel campo della sicurezza digitale, e da Unis&F, la società di formazione e servizi di Unindustria Treviso e Confindustria Pordenone.
LA TRAPPOLA
I nuovi hacker assomigliano sempre meno a romantici pirati del web e sempre più a comuni truffatori. E, ancor prima di complessi virus con cui mandare in tilt i sistemi telematici dell'azienda, ricorrono a raggiri all'apparenza banali, ma altrettanto dannosi per il conto economico: «Basta un messaggio o una mail inviati al responsabile finanziario da un finto profilo del titolare conferma Pennasilico in cui si chiede di eseguire, per ragioni emergenza, un bonifico a certe coordinate». Il furto di identità digitale (oltre un miliardo, si stima, quelle rubate nel mondo l'anno scorso) e il phishing, la sottrazione di dati on line, potrebbe magari sembrare cosa di scarso interesse se colpisce il singolo dipendente. Ma assume tutt'altra rilevanza se la vittima è colui che maneggia i conti correnti aziendali. Anche diverse ditte trevigiane hanno dovuto fronteggiare simili intromissioni. Alla Galdi, industria di Paese, tra i maggiori produttori di macchinari per il confezionamento di bevande, come ha spiegato uno dei manager, Andrea Martinuzzo, nella tavola rotonda durante l'evento, si sono accorti in extremis di qualcosa di sospetto grazie ad un minimo particolare: la richiesta di invio di denaro riportava in calce solo la sigla del presidente, anziché il nome per esteso con cui il vero mittente firma da sempre.
L'ATTENZIONE
Meccanismi tanto elementari, da cui, paradossalmente è quasi più difficile difendersi: «La parte tecnologica si limita a una semplice mail ribadisce l'esperto -. Qui non ci sono antivirus, firewall, programmi da installare per bloccare questi attacchi. Le difese sono avere persone attente ai dettagli. Ed anche, almeno nelle aziende più strutturate, adottare procedure organizzative più manageriali: non è più possibile che un singolo dipendente possa disporre autonomamente operazioni per centinaia di migliaia di euro, senza un controllo incrociato». E il rischio aumenta di pari passo con la diffusione di oggetti di uso comune connessi a internet, prossima frontiere della rivoluzione digitale. Non a caso, il convegno ha messo in evidenza, come rimarca Alberto Mercurio, responsabile dei servizi digitali per Unis&F, che «ancor prima, e ancor più, dei dispositivi tecnologici, contino le competenze della componente umana».
LA FORMAZIONE
Di conseguenza, ricorda Alberto Fedalto, presidente del Club Bit, gruppo di Unindustria Treviso che riunisce un centinaio di realtà dell'informatica e delle nuove tecnologie, diventano «fondamentali la formazione e l'informazione». A partire dalla sensibilizzazione dei vertici imprenditoriali sulla necessità di investimenti per prevenire possibili minacce e sui pericoli che l'impresa corre se non li attua. Pur con un certo ritardo, la consapevolezza in questo ambito sta aumentando anche nel mondo industriale trevigiano, ma il messaggio, insistono da Unis&F e Clusit, potrà dirsi davvero passato quando ai corsi in materia (oltre duemila ore erogate dalla società di Unindustria in un anno) parteciperanno non più solo i tecnici e i responsabili informatici aziendali, ma anche gli imprenditori stessi.
Mattia Zanardo
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