VILLADOSE
Sono stati condannati all'ergastolo già tre volte, ma ieri, al

Mercoledì 23 Maggio 2018
VILLADOSE Sono stati condannati all'ergastolo già tre volte, ma ieri, al
VILLADOSE
Sono stati condannati all'ergastolo già tre volte, ma ieri, al termine dell'udienza di fronte alla Corte d'assise d'appello di Venezia, con una requisitoria che ha spiazzato tutti, il pubblico ministero ha chiesto l'assoluzione nei confronti di Sergio Benazzo, idraulico di Villadose, 42 anni, e Gianina Pistroescu, sua ex compagna rumena, 43 anni, accusati di aver ucciso e nascosto il cadavere della 19enne Paula Burci, la prostituta bambina, il cui corpo, barbaramente martoriato e poi dato alle fiamme, era stato trovato nella golena di Zocca di Ro il 24 marzo 2008.
COLPO DI SCENA
Secondo la Procura generale, tuttavia, Benazzo non avrebbe commesso il fatto, mentre per la Pistroescu mancherebbe o, quanto meno, sarebbe insufficiente, la prova che lo abbia commesso. Una nuova svolta a sorpresa in una vicenda giudiziaria che ha già subito un iter del tutto particolare. Benazzo e Pistroescu, attualmente liberi con l'obbligo di dimora ed il divieto di espatrio, erano già stati condannati all'ergastolo dalla Corte di Assise di Ferrara il 17 luglio 2012 ed il l 7 giugno 2013 era arrivata la conferma della Corte di Assise di Appello di Bologna. Dalla Cassazione, però, il 16 luglio 2014, tutto viene annullato per incompetenza territoriale, visto che Paula sarebbe stata massacrata di botte a Villadose. Il fascicolo, quindi, viene spedito per competenza alla Procura di Rovigo ed affidato al sostituto procuratore Davide Nalin, con il nuovo processo di primo grado, questa volta davanti alla corte d'Assise di Rovigo, che l'8 febbraio 2017 si conclude con una nuova condanna all'ergastolo.
DA BOLOGNA A VENEZIA
I difensori dei due imputati, Rocco Marsiglia di Roma per la Pitroescu e Francesca Martinolli di Adria per Benazzo, non si sono mai arresi, continuando a ribadire l'innocenza dei propri assistiti. E quanto pronunciato ieri dal pm sembra collimare con quelle che erano state le loro sottolineature. In particolare, tutto l'impianto accusatorio sembra essere stato affossato dalla stessa accusa, a partire dalla testimone chiave, Jana Serbanoiu che divideva la cella del carcere romeno con la Pistroescu ed ha riferito una confessione che questa le avrebbe fatto, giudicata non attendibile. In sostanza, la pubblica accusa ha detto di non ritrovare gli indizi gravi, precisi e concordanti che sarebbero dovuti essere alla base di una richiesta di condanna.
NESSUNA TRACCIA
Rimarcando, per esempio, il fatto che il luogo dove sarebbe avvenuto il pestaggio della ragazza, ovvero a casa di Benazzo, nemmeno con il Luminol siano state trovate tracce di sangue dagli inquirenti. La storia di Paula è una storia con molte ombre, incentrata sul corpo minuto di una ragazzina, fatta venire in Italia con la promessa di un lavoro e poi costretta a vendersi per strada, che si è sviluppata a cavallo del Po, fra Villadose, Arquà, Ferrara e, infine, Ro Ferrarese, e più precisamente a Zocca, dove i suoi resti carbonizzati furono ritrovati in una golena. Oggi Paula avrebbe 29 anni. Quando fu uccisa ne aveva 19, anche se sembrava ancora una bambina.
BARBARIA E SEVIZIE
Secondo la formulazione dell'accusa l'omicidio si sarebbe consumato attorno al febbraio di 10 anni fa, quando sarebbe stata trucidata per essersi ribellata a chi la costringeva a prostituirsi. Un omicidio barbaro e violento: botte alla testa, pugni sul viso che le fecero cadere tre denti, poi anche tre fendenti con un'arma da taglio al petto. Le indagini avevano condotto fino a Gianina Pistroescu e Sergio Benazzo, che accompagnavano Paula a prostituirsi in zona Fiera a Ferrara. Una circostanza, questa, che i due non hanno mai negato. Mentre, invece, negano con forza di aver avuto un ruolo nella sua uccisione. Che, come è stato scritto nelle sentenze, avrebbe in ogni caso avuto anche altri protagonisti. La sentenza è attesa per il 30 giugno.
Francesco Campi
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