Troppo caldo, il mais coltura regina è in forte rischio

Lunedì 21 Gennaio 2019
Troppo caldo, il mais coltura regina è in forte rischio
AGRICOLTURA
ROVIGO Mai più mais? Una domanda provocatoria per una riflessione che va ben oltre il settore primario. Perché il mais rappresenta in Polesine, la terra del Veneto con la maggiore propensione all'agricoltura, la prima fra le coltivazioni. E proprio il mais è al centro di uno studio del Cnr che ne mette in discussione la futura tenuta alle nostre latitudini. «Siccità e ondate di calore nel periodo estivo - si legge nella presentazione della ricerca - saranno, da qui al 2050, responsabili della diminuzione di produzione a scala europea del mais. Per il frumento, che presenta un ciclo colturale più precoce, si prevedono, invece, aumenti di resa. A individuare nuovi modelli di pratiche colturali e di miglioramento genetico delle varietà erbacee per contrastare gli effetti del riscaldamento globale, un team di ricercatori internazionali di cui fanno parte Istituto di biometeorologia Cnr e Università di Firenze. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Communications».
PRIMO PRODOTTO
Il mais in provincia di Rovigo è stato seminato, nel 2017, in circa 35mila ettari. Una coltura che condiziona, quindi, l'economia, ma anche lo stesso panorama. L'agricoltura, infatti, ha anche una valenza paesaggistica, basti pensare al ruolo della lavanda in Provenza o a quello dei tulipani nei Paesi Bassi. Marco Moriondo, ricercatore Cnr-Ibimet, nel presentare l'analisi spiega come «sono stati analizzati i possibili effetti del cambiamento climatico sulle rese di frumento e mais a livello europeo, utilizzando dieci modelli colturali diversi e valutando, regione per regione, i principali determinanti dei rischi per le produzioni agricole fino al 2050. Mantenendo le varietà e le date di semina invariate rispetto al presente e considerando l'attuale distribuzione di aree irrigate e non, la produzione complessiva di mais a scala europea nel 2050 potrebbe diminuire del 20%, mentre per il frumento si potrebbero avere incrementi intorno al 4%. In Italia, gli effetti più evidenti per il mais sono localizzati nel Settentrione, dove gli scenari più pessimistici evidenziano diminuzioni di resa fino al 15%. Viceversa, per il frumento il cambiamento climatico potrebbe determinare incrementi omogenei di resa sul territorio nazionale fino al 15%».
I PROBLEMI
Se nella scorsa annata agraria il Polesine ha dovuto fare i conti con problemi di maltempo, nel 2017 ha dovuto fronteggiare una seria siccità. Come, del resto, era accaduto cinque anni prima, nel 2012. Nel caso del mais, la carenza idrica non condiziona solo la resa totale, ma favorisce anche il proliferare di micotossine e in particolare delle pericolose aflatossine, tossiche per gli animali e per l'uomo. Un problema serio, quindi, per il primario provinciale. In attesa del primo bilancio di Veneto Agricoltura sugli andamenti economici del primario nell'anno appena concluso, con le prime valutazioni sull'andamento del settore agroalimentare veneto nel 2018 che saranno diffuse giovedì, si può notare come, nel 2017, per quanto riguarda le semine, gli agricoltori polesani, insieme ai veronesi, erano stati gli unici a scommettere ancora totalmente sul mais, mantenendo inalterate le superfici. In tutte le altre province si erano registrati dei cali, a cominciare da Padova, che si contende con Rovigo il primato di primo produttore di mais veneto, con un meno 2,9%, con la contrazione maggiore nel Vicentino, meno 13%.
F.Cam.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci