Sedicenne ricoverato vittima della pertosse

Venerdì 21 Settembre 2018
LA STORIA
ROVIGO Un caso di pertosse che ha portato al ricovero di un giovanissimo paziente e che spiazza per più di una ragione. Sia per la patologia in sé, visto che la diffusione dei vaccini sembrava aver reso questa malattia infettiva, nota anche come tosse cattiva, tosse canina o tosse asinina, per i rochi spasmi gutturali che provoca a ripetizione, quasi incontrollabili, paurosi nei loro sfoghi, ormai un ricordo di tempi lontani, perché la diffusione del vaccino specifico sembrava averla praticamente consegnata ai manuali di testo degli studenti di medicina. Sia per l'età del paziente, 16 anni, quindi un adolescente, quando invece si tratta tipicamente di una malattia infettiva infantile che prevalentemente colpisce i bambini al di sotto dei 5 anni. Ma sia, soprattutto, perché il ragazzo in questione era regolarmente vaccinato.
RICHIAMI DA FARE
In realtà, spiega l'Ulss 5 nella comunicazione in cui dà conto del fatto che un giovane paziente è ricoverato nella divisione di pediatria dell'ospedale di Rovigo, «recenti evidenze hanno dimostrato che sia la malattia che la vaccinazione non lasciano una immunità permanente, infatti le difese anticorpali diminuiscono con il tempo». Per questo, si ricorda, «è molto importante la vaccinazione nel primo anno di vita e i successivi richiami a 6 e 15 anni per mantenere un livello di anticorpi sufficienti: nel recente Piano vaccinale nazionale viene proposto un richiamo della vaccinazione antipertosse, associato ad antitetanico e antidifterico, anche in gravidanza dopo la 28 settimana, proprio per conferire al bambino che nascerà una adeguata protezione attraverso gli anticorpi materni, nei primi mesi dopo la nascita, in attesa di poter effettuare la prima vaccinazione. A questo scopo è fortemente raccomandata anche la vaccinazione di tutte le persone che sono a stretto contatto con il neonato. Purtroppo, infatti, si sono avuti recentemente casi di pertosse in neonati, contratta prima di poter eseguire le vaccinazioni, che ne hanno causato la morte».
BIMBA SALVATA
Fortunatamente, non è il caso dell'ultima paziente ricoverata a Rovigo con i sintomi di questa malattia, nell'aprile di un anno fa, una bambina di appena 40 giorni. La piccola non smetteva più di tossire e questo le creava scompensi respiratori, condizioni tali da portare al suo trasferimento all'ospedale di Padova, centro regionale di riferimento per la neonatologia. In quell'occasione l'Ulss aveva sottolineato come, in realtà, la casistica recente contemplasse più di un caso di adolescenti e non di bambini così piccoli. Ma è proprio nei neonati e nei bambini al di sotto di un anno che la pertosse può risultare molto grave, addirittura mortale.
Nei bambini piccoli le complicazioni più gravi possono portare a otiti, polmonite, bronchiti o addirittura affezioni neurologiche. I colpi di tosse possono provocare apnea, cianosi, vomito e perfino emorragie nel naso e negli occhi. Si tratta, sottolinea l'Istituto superiore di sanità, di una malattia molto contagiosa e lo ribadisce, a differenza delle altre malattie infantili, l'immunità conferita da una prima infezione non è definitiva, ma declina col tempo.
Generalmente, negli adulti, un adeguato trattamento antibiotico permette la guarigione in una quindicina di giorni. Per quanto riguarda le condizioni del 16enne, le sue condizioni risultato stazionarie ed è costantemente monitorato dal personale sanitario.
IL QUADRO VACCINALE
Dal punto di vista della copertura vaccinale della pertosse, fra l'altro, il Polesine ha numeri record in Veneto. Come emerge dal report della Regione sulle coperture vaccinali a 24 mesi, quindi per i nati nel 2015, aggiornati al primo gennaio 2018, a fronte di una media regionale del 92,6% di vaccinati, l'Ulss 5 fa registrare il dato più alto, ben il 96,2%. Una percentuale, in provincia di Rovigo, seconda solo, fra le nove vaccinazioni monitorate, al dato del tetano, 96,3%, la percentuale più alta di tutta la regione per ogni patologia considerata.
«Il contagio - spiega l'Ulss - avviene per via aerea, probabilmente attraverso goccioline di saliva diffuse nell'aria quando il malato tossisce. L'esordio della malattia si manifesta con una tosse lieve, accompagnata da qualche linea di febbre e copiose secrezioni nasali: è la fase catarrale, che dura da una a due settimane. Progressivamente la tosse diventa parossistica e si associa a difficoltà respiratorie: è la fase convulsiva, che può durare più di due mesi in assenza di trattamento».
Francesco Campi
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