Scabbia, i genitori accusano Ulss e scuole

Venerdì 20 Ottobre 2017
Scabbia, i genitori accusano Ulss e scuole
IL CASO
ROVIGO «L'informazione e la prevenzione non sono state massime: sul caso della scabbia a scuola credo che si dovesse fare di più e meglio per avvisare i genitori, che ora sono comprensibilmente preoccupati e arrabbiati». Cristina Folchini, che prima di essere presidente di Asm Set, la società a partecipazione comunale che si occupa della distribuazione di gas ed energia, nonché un esponente di primo piano della politica cittadina appena di Forza Italia, è soprattutto una mamma. «Mio figlio frequenta proprio la scuola elementare Miani, coinvolta nella vicenda così come la scuola media Parenzo. Sono rappresentante di classe e credo che sia mio dovere fare sentire la voce anche degli altri genitori», spiega Folchini, sottolineando che il punto a suo avviso dolente è rappresentato dal fatto che la classe dove si è verificato il caso di scabbia non è quella di suo figlio, ma un'altra, però «è solo a quei genitori che è stato inviato un vago e generico avviso dove non si spiega che si tratta di scabbia, ma solo di una sospetta patologia diffusiva dermatologica. Alle altre famiglie nessuna comunicazione ufficiale: pensavano forse che la cosa non si venisse a sapere?».
LA PROCEDURA
Non solo. Aggiunge Folchini: «Trovo ridicolo che in una scuola elementare, dove tanti sono gli spazi promiscui e dove i bambini giocano insieme, si avverta della possibilità di contagio e di stare attenti all'insorgere dei sintomi solo le famiglie dei bambini di una classe e non tutti quelli che frequentano l'istituto. Da parte della dirigente scolastica mi è stato risposto che si sono attenuti ai protocolli dell'Ulss, ma allora sono sbagliati i protocolli».
INFORMAZIONE RIDOTTA
Un'altra mamma, che invece ha ricevuto la lettera, stigmatizza il fatto che non si esplicitasse che si trattava di scabbia: «L'ho saputo solo per vie traverse», puntualizza. Un'altra mamma di un bambino che frequenta sempre la Miani, fa presente che a lei né la scuola né l'Ulss hanno comunicato alcunché e che ha saputo tutto «da un passaparola tra mamme». E proprio il passaparola in questi giorni è diventato tumultuoso, anche se come hanno rimarcato dall'Ulss, «non è il caso di allarmarsi, perché si tratta di un'infezione banale e che si trasmette solo con un contatto epidermico prolungato».
L'INFEZIONE
La scabbia, infatti, che è provocata da un acaro e che ha come unico sintomo un fastidiosissimo prurito, come si spiega anche nelle linee guida dell'Ulss di Chioggia, «è solitamente una parassitosi di modesta contagiosità e di scarsa gravità: il contagio avviene per contatto diretto cute-cute o meno frequentemente, per trasmissione indiretta, per esempio attraverso la biancheria e le lenzuola contaminate da poco tempo dalla persona infetta o anche attraverso oggetti (l'acaro non sopravvive, fuori dalla cute, per più di tre giorni)». E si legge, nelle linee di profilassi per esigenze di sanità pubblica diramate nel 1998 dal ministero della Salute, solo «per i familiari e per i soggetti che abbiano avuto contatti cutanei prolungati con il caso è indicato il trattamento profilattico simultaneo». Il consiglio è soprattutto quello di lavare lenzuola, coperte e vestiti a temperatura maggiore di 60 gradi.
LA DENUNCIA
Un punto delicato, tuttavia, viene sottolineato da un'altra mamma, di un ragazzo che frequenta le Parenzo e che spiega di essere stata lei a segnalare il caso e che non sia stata, quindi, un'azione spontanea. Spiega che il compagno di classe del figlio che avrebbe contratto l'infezione giocherebbe a calcio in una squadra giovanile e in quel caso, non sarebbe stato diramato alcun tipo di avviso, nonostante il maggior rischio di contagio.
Francesco Campi
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