Sarà l'esame del Dna a sciogliere gli ultimi dubbi sul fatto che i resti trovati

Domenica 23 Aprile 2017
Sarà l'esame del Dna a sciogliere gli ultimi dubbi sul fatto che i resti trovati all'interno dell'auto ripescata venerdì pomeriggio dall'Adige, proprio all'altezza della centrale di potabilizzazione di Polesine Acque a Boara Polesine, siano quelli di Antonio Favarin, commerciante padovano di vini in pensione con la passione per le moto d'epoca, scomparso dalla propria abitazione di Solesino il 23 marzo del 2009. La Peugeot 306 familiare ripescata è, senza ombra di dubbio, come risulta dalla targa rimasta attaccata nonostante il lungo periodo sul fondo del fiume, l'auto con cui quella mattina di ormai oltre otto anni fa l'uomo si era allontanato da casa. Aveva detto che sarebbe andato a comprare il giornale, ma all'edicola non era mai arrivato. Pochi dubbi, in realtà, anche sul fatto che il cadavere, o meglio sostanzialmente lo scheletro, visto che un periodo così lungo in acqua ha completamente asportato tutti gli altri tessuti, possa essere il suo. L'elemento che offre questo tipo di sicurezza agli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Monica Bombana, è il fatto che l'uomo avesse subito un'operazione chirurgica compatibile con alcuni segni cicatriziali presenti sui resti ossei.
Visto il tempo passato, fra l'altro sul letto di un fiume di grande portata quale l'Adige, difficile analizzare a fondo il quadro, ma non per questo la Procura rodigina sembra intenzionata ad archiviare già tutto. Il pm Bombana, infatti, ha deciso di disporre ulteriori accertamenti tecnici, compresi quelli di tipo medico scientifico. A cominciare dal test del Dna. Per quanto riguarda l'auto, anche in questo caso dovrebbero essere compiute delle ispezioni per capire se possa essere possibile ricostruire in qualche modo come possa essere finita sul letto dell'Adige. La lunga permanenza nel fiume della Peugeot, insabbiata e in balia del flusso dell'acqua, con tutto quello che trasporta nel fondale, non rende il compito agevole. Anche le stesse operazioni di recupero con l'autogrù dei vigili del fuoco, dopo che una squadra di sommozzatori aveva provveduto a imbragarla, hanno contribuito a segnare ulteriormente la carrozzeria già decisamente malandata. La Procura di Rovigo, comunque, vuole chiarire a fondo, per quanto possibile, tutti gli aspetti di una vicenda che per anni ha visto i familiari di Favarin cercare disperatamente risposte.
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