Pausa caffé: la Regione disse no, ma Rovigo la faceva

Giovedì 23 Febbraio 2017
(F.Cam.) Tutto si gioca sulla pausa caffè: nuovo colpo di scena nell'ultima udienza del lungo processo ai dipendenti degli uffici rodigini della Regione accusati di truffa ai danni dello Stato perché, da quanto ricostruito dalla Procura, non avrebbero rispettato gli orari di lavoro e avrebbero barato con le timbrature dei cartellini. Secondo i nuovi calcoli del consulente nominato dal giudice Silvia Varotto, l'esperto di diritto del lavoro Livio Squarzoni, tra i 36 imputati, solo una dozzina avrebbe un bilancio negativo nel conteggio delle ore di lavoro, mentre gli altri sarebbero addirittura a credito, ovvero sarebbe positiva la differenza fra i minuti registrati dalle timbrature e quelli delle assenze riprese dalla telecamera piazzata dalla Finanza, nel corso dell'inchiesta condotta fra 2009 e 2010. Secondo un ulteriore calcolo del consulente, con maglie ancora più larghe, tutti i 36 imputati sarebbero in regola con il conteggio delle ore lavorate. Una valutazione che ha sollevato le critiche del pm Sabrina Duò, secondo la quale il consulente si è basato sulle schede delle presenze elaborate dagli stessi dipendenti e ha impropriamente conteggiato la pausa caffè. Secondo la consulenza, infatti, una prassi consolidata, anche sulla base di un'autorizzazione del dirigente, stante il black out dei distributori interni, i dipendenti avevano a disposizione una pausa di 40 minuti, 20 al mattino e altrettanti nel pomeriggio. In realtà, nulla secondo il pm certifica questa prassi. Una circolare della Regione esclude le uscite senza timbratura. Prossima udienza il 6 marzo.
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