Morto dopo il mal di pancia «Giovanni si poteva salvare»

Martedì 26 Marzo 2019
Morto dopo il mal di pancia «Giovanni si poteva salvare»
IL PROCESSO
ROVIGO Il piccolo Giovanni Morello poteva essere salvato. È la conclusione dei consulenti dell'accusa nel processo sulla morte del bambino di Anguillara, spentosi a soli 6 anni il 13 gennaio 2016 in Pediatria dell'ospedale di Rovigo, per la quale si trova a processo per l'ipotesi di reato di omicidio colposo Vincenzo Rametta, 43 anni, dirigente medico della Struttura organizzativa complessa, al tempo primario facente funzione, con l'Ulss 5 citata come responsabile civile dai familiari, costituiti parte civile con gli avvocati Cristiano Violato e Federico Soattin.
Nell'udienza davanti al giudice Nicoletta Stefanutti, sono stati ascoltati i consulenti delle parti che hanno offerto una lettura non univoca di quanto accaduto. «Già il giorno 11 la situazione era di estrema gravità e fino a tutta la giornata del 12 ci sarebbe stata la tempistica per un intervento efficace, alle 7 del 13, quando il bambino peggiora in maniera eclatante, era troppo tardi», hanno sottolineato i docenti di Anatomia patologica dell'Università di Padova Andrea Porzionato e Raffaele De Caro. Giovanni, che giovedì 7 gennaio era stato portato al pronto soccorso per un forte mal di pancia, era stato nuovamente accompagnato in ospedale sabato 9, per quella che appariva come una forma particolarmente forte di influenza intestinale che circolava in quei giorni. Poche ore dopo era stato ricoverato in Pediatria e trattenuto in osservazione per sospetta gastroenterite. La notte fra martedì 12 e mercoledì 13 le sue condizioni precipitano e viene trasferito in Rianimazione. Alle 9.30 si è spento, mentre era già intubato per un intervento chirurgico d'urgenza. La causa di tutto, una strozzatura dell'intestino, in corrispondenza di un precedente intervento di appendicectomia.
I CONSULENTI
Per i consulenti della parte civile, i medici Rolando Tasinato e Roberto Garufi, una Tac avrebbe evidenziato l'occlusione, ma per i consulenti della difesa non c'era un quadro tale da renderla necessaria in un paziente così piccolo: «Il sintomo tipico dell'occlusione intestinale - hanno specificato il primario del Pronto soccorso Stefano Kusstatscher e il direttore della chirurgia pediatrica di Padova Piergiorgio Gamba - è il vomito biliare, che in questo caso si è manifestato solo nella notte fra il 12 e il 13. Prima era stato vomito postprandiale, di per sé aspecifico. Non bisogna pensare a quello che è emerso dall'autopsia: c'è stata una discrepanza fra il quadro sintomatologico e le reali condizioni. Se poteva essere presa in considerazione un'altra ipotesi? Il medico deve avere sempre la mente aperta, ma fino a quando la situazione non è precipitata, non c'erano altre evidenze».
Francesco Campi
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