IL CASO
ROVIGO Dopo qualche giorno di chiusura, il chiosco gelateria La Fontana

Mercoledì 24 Gennaio 2018
IL CASO
ROVIGO Dopo qualche giorno di chiusura, il chiosco gelateria La Fontana è pronto a riaprire i battenti. Il proprietario Daniele Zago, in seguito all'ordine del Comune di smantellare entro il 18 giugno la struttura, non si dà però pace. Non ci pensa proprio ad arrendersi, gettando sotto a una ruspa la sua vita, la sua amata attività, il futuro dei suoi figli. Pronto a incatenarsi a Roma per chiedere l'attenzione dei politici, in questi giorni ha scritto una lettera al premier della Lega nord Matteo Salvini, un tentativo per cercare di convincere il sindaco Massimo Bergamin a concedergli un'altra possibilità, non buttando via così oltre vent'anni di lavoro di due famiglie, quella di Zago e quella del figlio.
IL VECCHIO ACCORDO
Nel frattempo, avvocati, politici, architetti ripercorrono la storia del chiosco, un iter burocratico segnato da concessioni, modifiche in corso d'opera, querele di privati, ricorsi e controricorsi al Tar. L'ex giunta comunale, che all'epoca propose a Zago e all'edicolante Sante Cavalieri (attività chiusa da un anno e mezzo) di costruire a sue spese un chiosco nuovo di zecca al centro della piazza, in cambio di una concessione ventennale e il pagamento dell'occupazione del suolo, punta il dito contro la decisione della giunta Bergamin di abbattere l'antica gelateria.
L'EX SINDACO
«Non c'è alcuna necessità di smantellare l'attività di Zago - afferma l'ex sindaco di centrosinistra Fabio Baratella - l'idea di posizionare il mercato e creare parcheggi in quella piazzetta è assurda. Le bancarelle che erano presenti vent'anni fa avevano una continuità con il mercato di piazzetta Annonaria: vendevano alimenti, non vestiti. Non è sensato giustificare lo smantellamento del chiosco con il bisogno di spostare il mercato».
La soluzione, secondo Baratella, sarebbe quella di ridimensionare la struttura, permettendo al proprietario del bar gelateria di continuare la sua attività o cederla, recuperando almeno le spese di costruzione. «Se fossi il sindaco - spiega Baratella - cercherei di ridurre il chiosco, ma toglierlo di mezzo no. Grazie al bar quella zona ha evitato per anni di cadere nel degrado, è sempre stato frequentato, così come i giardinii della fontana sono sempre stati frequentati da famiglie, bambini e anziani. Il luogo era sicuro grazie alla presenza dell'attività di Zago che tra l'altro, ha sempre curato, mantenendo il decoro dell'area».
Ripercorrendo la storia del chiosco, Baratella ammette che era stata la sua amministrazione a chiedere al proprietario della vecchia gelateria, di costruirne una nuova. Zago aveva accettato e si era pagato anche il progetto dell'architetto Roberto Pugiotto (circa 30 milioni), più altri circa 230 milioni per la struttura. La concessione era di venti anni e poteva essere revocata solo per necessità importanti, come costruire una scuola o altro. Non per metterci quattro posti auto (in una strada già piena di parcheggi come via Boscolo) o due bancarelle.
IL TITOLARE
«Mi hanno convinto a costruire il nuovo chiosco - spiega il gelataio - io e mia moglie ci siamo riempiti di cambiali. Avevamo speso 100 milioni per acquistare il vecchio chioschetto di lamiera che tenevamo aperto d'estate, mentre d'inverno, per pagarcelo, continuavamo a lavorare come dipendenti in Germania. Abbiamo lavorato ogni Natale per pagare anche gli avvocati per difenderci dalle cause di privati e del Comune. Nel frattempo, la successiva giunta Avezzù aveva portato Vittorio Sgarbi davanti al nostro bar. Sgarbi, dopo averci insultati, ci ha addirittura denunciati al ministero dell'Ambiente e alla Soprintendenza. Cosa c'entravamo? Abbiamo fatto quello che ci ha detto il Comune, ci siamo spostati. Abbiamo pagato tutto di tasca nostra. Chi ci ha convinti a fare questo investimento, ha lanciato il sasso e ha nascosto la mano. Ora chi pagherà la nostra pensione dopo una vita di lavoro?»
Roberta Merlin
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