Quel codice d'onore dei ladri veneziani

Lunedì 20 Marzo 2017
Quel codice d'onore dei ladri veneziani
«Io non voglio che Venezia diventi come tutte le altre città. Deve restare unica. Nostra. Per questo ho sempre detto di no a tutti. In primis agli albanesi e ai rumeni. Più di una volta sono stato contattato da bande di rapinatori stranieri che mi proponevano alleanze per furti e rapine, ma finché ci sono io a Venezia, questi non entrano. Perché? E' semplice. Primo perché a Venezia pol robar solo i veneziani doc, come el sottoscrito, secondo perché questa è gente che non ha rispetto per la città e per i veneziani. I masegni de Venezia no i se deve sporcar de sangue».
Così Vincenzo Pipino, il re dei ladri, il bandito che ha rubato quintali d'oro in tutte le gioiellerie di Venezia, comprese quelle di piazza San Marco e che ha alleggerito i patrizi veneziani di gioielli, quadri e monete preziose, senza mai sparare un colpo e senza mai dare anche solo una botta in testa a qualcuno. Il colpo più famoso di Pipino è il furto del Fonteghetto della farina di Canaletto, portato via dall' appartamento di Falk alle Zattere e restituito al legittimo proprietario in cambio di un contributo alla causa, come diceva Pipino, con un tocco di fine ironia visto che la causa consisteva nell'evitare di morire poveri, visto che sò nato in miseria. Pipino era talmente geloso della sua Venezia che aveva detto di no anche a Felice Maniero e così, quando si trattò di rubare un quadro importante, che al boss della mala del Brenta serviva per aprire una trattativa con lo Stato, fu Pipino a mettere a segno il colpo.
«Perché non volevo che il quadro si rovinasse o che ci andasse di mezzo qualcuno». E così il clamoroso furto della Madonna del Vivarini, a Palazzo Ducale, fu eseguito dal re dei ladri il quale si fece chiudere dentro il palazzo, rubò il quadro e usci dalla porta, senza colpo ferire. «Per dire che ci vuole rispetto per questa città.» E una volta che, nonostante il no di Pipino, una squadretta di banditi dell'Est Europa, si fece aiutare da un complice veneziano a rapinare una anziana signora, sola in casa, ebbene il palo veneziano finì dopo un paio di giorni all'ospedale, esattamente nel reparto di ortopedia e in condizioni tali da consigliargli un futuro passato a lavorare all'uncinetto e senza muoversi dalla poltrona di casa. Significa che, come si direbbe al bar, si stava meglio quando si stava peggio? Di sicuro i nostri banditi avevano le loro regole e le rispettavano. Regole che facevano parte del dna del bandito veneziano dai tempi di Kociss, al secolo Silvano Maistrello, il quale aveva fatto decine di sgobbi, senza mai sparare un colpo. La fine della malavita veneziana, per motivi anagrafici i vecchi sono tutti morti o sono in galera, come Pipino, i nuovi si sono buttati tutti sul turismo - ha spalancato le porte al banditismo che viene da fuori, in particolare dai Paesi dell'Est Europa. Era inevitabile che finisse così, solo che a Venezia, per motivi storici compreso Pipino - e morfologici bisogna conoscerla perfettamente per non restare prigionieri di calli e campielli - la pax è durata di più che dalle altre parti. Adesso Venezia non è più unica al mondo, è una città uguale a tutte le altre. In tutto il mondo.
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