Pugno duro di Madrid 14 arresti in Catalogna

Giovedì 21 Settembre 2017
Pugno duro di Madrid 14 arresti in Catalogna
Era lo scontro fra locomotrici in corsa, a lungo annunciato e temuto, ma non per questo meno dirompente. Nell'offensiva giudiziaria, avallata dal governo di Mariano Rajoy per impedire il referendum indipendentista unilaterale del 1° ottobre, la magistratura ha ordinato ieri un maxi blitz nelle istituzioni catalane, per stanare lo zoccolo duro responsabile dell'organizzazione della consultazione, illegale per la Corte costituzionale e altre istanze costituzionali dello Stato.
Dalle 8 del mattino, decine di agenti della guardia civile hanno compiuto 41 perquisizioni e arrestato 14 alti dirigenti e funzionari dei ministeri di Economia, del Welfare e degli Esteri, dell'Agenzia Tributaria regionale e del centro di Tecnologia dell'informazione della Generalitat. Fra questi, Josep Maria José, direttore delle Finanze e numero 2 del vicepremier Oriol Junqueras. Sequestrati 10 milioni di schede elettorali in un capannone del poligono industriale di Barcellona. «Ci stanno attaccando da tutte le parti. Siamo vivendo un attentato alle libertà di tutti i cittadini», la protesta di Junqueras alla Tv catalana.
Il presidente Carles Puigdemont ha convocato una riunione d'urgenza dell'esecutivo catalano. «In queste ultime ore lo Stato ha sospeso di fatto l'autonomia della Catalogna e instaurato lo stato di eccezionalità», ha dichiarato il president. «Il governo spagnolo ha superato la linea rossa, che lo separava dai regimi totalitari e antidemocratici. Stiamo assistendo a una vergogna democratica», ha aggiunto, nel confermare che l'esecutivo catalano non farà marcia indietro. «Facciamo appello ai cittadini, a dare una risposta ferma, civile e pacifica», ha insistito.
A fronte dello scontro istituzionale senza precedenti, durissimo anche quello politico, nel Palamento di Madrid, dov'era in corso la seduta plenaria di controllo al governo. «Togliete le vostre sporche mani dalle istituzioni catalane», ha urlato il deputato di Erc, Gabiel Rufian. Da parte sua, il leader del Pp ha chiarito che l'operazione era stata «disposta dai giudici per ristabilire la legalità». I socialisti del Psoe e i centristi di Ciudadanos hanno appoggiato il blitz, mentre gli indipendentisti baschi di EH Bildu e Podemos si sono espressi contro. In Catalogna, il vasto rifiuto popolare e politico al blitz delle forze di polizia è stato espresso da migliaia di manifestati rimasti fino a tarda sera a protestare pacificamente al grido di «Voterem!», «Libertad!» e «Via le forze di occupazione». Anche i calciatori della squadra del Barça hanno espresso solidarietà al governo catalano.
Il procuratore generale dello Stato aveva annunciato azioni giudiziarie, per impedire la commissione di reati, quali appunto la cooperazione alla realizzazione del referendum e ordinato di citare come indagati 712 sindaci catalani, il 75% della regione, favorevoli alle urne. Tuttavia, non è servito a frenare i process in un'escalation di incitamento alla disobbedienza e reazione penale, che ha elevato la tensione a livelli mai visti.
E che ha costretto ieri sera il premier Rajoy a una nuova dichiarazione, in cui ha esortato la Generalitat a «porre fine all'escalation di disobbedienza» e ad «abbandonare il proposito del referendum». Una dinamica che ha rinchiuso le parti in una logica di trincea, che testimonia il fallimento politico di una possibile soluzione negoziata alla questione. Il dramma è: come ristabilire la legalità? Con la tensione, cresce la preoccupazione per una situazione che rischia di sfuggire dalle mani. A tutti.
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