«Paragone sbagliato con gli Anni Settanta le formazioni di destra non vanno sciolte»

Domenica 25 Febbraio 2018
«Paragone sbagliato con gli Anni Settanta le formazioni di destra non vanno sciolte»
«Che cosa mi ha colpito di più in questi giorni? Le bombe con i chiodi a Torino contro i poliziotti». Per Guido Salvini, Gip a Milano, giudice istruttore negli anni di piombo, «quelle bombe dimostrano la volontà di fare del male, non solo di manifestare in forma violenta. La polizia ha reagito bene, secondo i manuali dell'ordine pubblico. Va detto che l'azione preventiva e di contenimento è molto più efficace che negli anni '70, quando nei cortei si sparava con le P38. Le tecniche di oggi permettono di individuare e arrestare i violenti anche molti giorni dopo».
Quanto sono pericolose queste violenze?
«Non vanno sottovalutate ma neppure eccessivamente enfatizzate, anche per non creare meccanismi emulativi. E non si possono paragonare con quelle degli Anni '70. Allora si sparava e c'erano le stragi. Da molti anni non ci sono più morti causati da una guerra civile nelle strade. La tensione oggi nasce dalla presenza alle elezioni, con un discreto seguito, di movimenti come Forza Nuova e CasaPound».
La presidente Boldrini propone di scioglierli
«Non concordo. Si consegnerebbero alla illegalità non piccoli gruppi già al di fuori della legalità, ma decine di migliaia di persone. Oltretutto sarebbe incostituzionale».
La Costituzione non vieta la ricostituzione del Partito fascista?
«Sì, ma per fascismo si intende voler abolire il sistema parlamentare, i sindacati liberi, la libertà di espressione, e aggredire Paesi stranieri. Questo fascismo storico, cui si riferisce anche la Legge Scelba del '52, non sembra essere oggi il programma delle forze di destra anche estrema. Non vi sono elementi che possano giustificare uno scioglimento giudiziario».
Ma questi movimenti affondano le idee nel fascismo
«Con le loro idee sull'immigrazione o sulle case popolari solo agli italiani, anche sbagliate o sbagliatissime, ci si deve confrontare sul piano politico. Questa è l'essenza della democrazia, pensare di fare diversamente è poco illuminista. È un errore considerare l'estrema destra solo un problema criminale e non un avversario politico. Ciò non toglie che certe parole d'ordine aggressive possano incidere su elementi dalla personalità instabile. Come a Macerata».
E a sinistra?
«Dal '70 c'è una cultura politica che non si è mai estinta, che considera la violenza un'arma abituale di lotta politica, e che decide con la violenza chi può parlare e chi no. Un tempo si esprimeva nei servizi d'ordine, oggi nei centri sociali con il loro antifascismo di stampo squadristico molto pericoloso».
Un esempio di salto dalle parole alla violenza?
«L'ho visto nell'omicidio di Sergio Ramelli, costretto ad abbandonare l'Istituto tecnico Molinari. Alcuni ragazzi legati ad Avanguardia Operaia lo andarono a cercare e lo uccisero. Vennero arrestati i colpevoli, figli della borghesia buona di Milano, uno era fratello del segretario milanese di Magistratura democratica. Anche il lavoro dei magistrati fu capito poco: si parlò di atto di repressione contro il '68».
Servono leggi più dure?
«Nei casi in cui l'esaltazione della violenza porta all'azione chi ascolta, c'è già la Legge Mancino del 1975. Non servono nuove leggi specifiche contro il fascismo».
E a sinistra?
«L'ideologia dei centri sociali dagli anni '70 è sempre quella, autoreferenziale: più che cercare consensi, i centri sociali vivono dentro sé stessi, più che fare la rivoluzione vogliono preservare il proprio spazio privato. I cortei della destra hanno un atteggiamento più legalitario, danno un'idea di ordine, neanche una cartaccia per terra. Dobbiamo però chiederci se questa scelta sia definitiva o solo strategica. A me hanno detto di avere scelto definitivamente la democrazia parlamentare. Spero sia vero».
Nei cortei antifascisti i poliziotti sono sotto attacco...
«Da parte di quel mondo c'è l'incapacità di capire come la democrazia non sia un fatto formale e come la polizia e le istituzioni difendano la libertà di tutti. Questo non lo hanno mai compreso, né lo comprenderanno mai».
Marco Ventura
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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