Ora che la proprietà delle ex Popolari di Montebelluna e di Vicenza sta fra

Giovedì 29 Giugno 2017
Ora che la proprietà delle ex Popolari di Montebelluna e di Vicenza sta fra
Ora che la proprietà delle ex Popolari di Montebelluna e di Vicenza sta fra Milano e Torino, chi porterà la voce del territorio veneto nella discussione sul futuro dei due istituti? A porre la domanda sono i presidenti regionali di Confartigianato, Cna, Confcommercio e Coldiretti, in una lettera al governatore Luca Zaia in cui suggeriscono anche la possibile risposta: Veneto Sviluppo, la società partecipata dalla Regione e dalle banche. Fra queste ultime compaiono pure le tre protagoniste della vicenda, che ieri è stata incardinata nella commissione Finanze della Camera, con l'obiettivo di arrivare il prossimo 10 luglio al voto dell'aula sulla conversione del decreto.
La premessa da cui partono le associazioni di categoria è duplice: positiva è la valutazione sulla conclusione della «troppo lunga fase di incertezza», ma al tempo stesso ferma è la convinzione che «l'intesa ha bisogno di essere ben compresa e ha bisogno di un attore abilitato a rappresentare, quale soggetto di garanzia, le famiglie, le imprese e la comunità veneta tutta nei passaggi cruciali che ancora rimangono da fare». Secondo Agostino Bonomo, Alessandro Conte, Massimo Zanon e Martino Cerantola il soggetto giusto, «per azionariato, competenze, esperienza maturata nell'economia veneta e nell'ambito delle garanzie con il sistema dei Confidi» è Veneto Sviluppo. Per questo ai suoi azionisti le rappresentanze imprenditoriali chiedono di intervenire «in tutte le sedi in cui potrà essere tutelato l'interesse della comunità veneta»: una moral suasion da esercitare dunque su governo, Bce e Intesa San Paolo. Almeno sei i possibili fronti di intervento: «La demarcazione tra good e bad bank; la gestione dei crediti deteriorati e/o in fase di deterioramento; la continuità di credito per le imprese oggi affidate che si trovano in sovrapposizione di finanziamenti; gli esiti del contenzioso attuale e ancora possibile; la salvaguardia delle competenze e conoscenze del territorio presenti nel personale delle due Popolari; le modalità con cui Banca Intesa intende preservare e valorizzare le caratteristiche positive degli asset che ha rilevato».
Tutti temi variamente citati ieri nella seduta della commissione Finanze di Montecitorio, dove il bergamasco Giovanni Sanga (Pd) è stato nominato relatore del disegno di legge sulla conversione del decreto varato domenica. Oggi si svolgerà la discussione generale, mentre lunedì scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti, forma sotto cui sarà inserito quello che fino a ieri era il decreto sulla sospensione del pagamento delle obbligazioni subordinate di Veneto Banca. ««Ho chiesto con forza che sul decreto banche venete si faccia chiarezza sulle procedure e sul cambio di prospettiva: com'è possibile passare in pochi giorni dalla ristrutturazione al fallimento?», domanda il deputato padovano Domenico Menorello (Ci), mentre la senatrice palermitana Simona Vicari (Ap) si prepara a proporre «un Daspo per i dirigenti bancari responsabili di dissesti finanziari».
Proprio nella commissione Finanze di Palazzo Madama, intanto, è intervenuto ieri in audizione Ignazio Angeloni, componente del consiglio di vigilanza della Bce. «Escludo che nel caso di Intesa Sanpaolo, così come per il Santander, ci sia stata la volontà di aiutare una banca specifica», ha detto l'economista, sottolineando il «rispetto delle regole europee» e tuttavia affermando che «va presa seriamente» la critica secondo cui il salvataggio delle banche venete tramite liquidazione nazionale possa costituire un «precedente per favorire aggiramenti delle regole in futuro».
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