Nella capitale britannica senza armi 9 agenti su 10

Venerdì 24 Marzo 2017
Una giornata di lutto profondo, composto, tra candele, veglie e slogan coraggiosi e sentiti in una città, Londra, che ha subito seguito l'istinto, famoso dal dopoguerra ad oggi, di stringersi compatta, di andare avanti, ricordando le quattro vittime del folle attacco di mercoledì, a cui se ne è aggiunta una quinta nella serata di ieri, e facendosi forza intorno a loro, senza farsi stravolgere dal dolore. E senza dimenticare il pragmatismo che impone, all'indomani di una ferita profonda come quella lasciata dal Suv nero a Westminster, di domandarsi come fare per evitare che questo si ripeta. L'Isis ha rivendicato l'attentato: «A colpire è stato uno dei nostri soldati». Maxi operazione della polizia a Birmingham: ci sono stati otto arresti. Secondo la polizia preparavano altri attacchi; la premier Theresa May avverte gli inglesi: «Potrebbero colpire ancora». Anche per questo continua la caccia alla rete dei complici.
Oltre all'esame di coscienza dell'intelligence che si chiede se quell'uomo, noto alle forze dell'ordine, non fosse stato sottovalutato, il dibattito pubblico si è presto spostato sulla necessità o meno di armare i Bobbies, i poliziotti di strada, per evitare che possa ripetersi la tragedia dell'agente quarantottenne Keith Palmer, morto per i colpi di coltello senza potersi difendere.
Solo la presenza della guardia del corpo armata del ministro della Difesa Michael Fallon avrebbe permesso, secondo le ricostruzioni circolate ieri, di fermare Khalid Masood. Perché in un momento in cui il terrorismo appare sempre più fatto di piccoli piani difficili da rilevare anche per la più capillare delle agenzie di intelligence - e quella britannica, con i suoi tredici piani sventati in quattro anni ha dimostrato di saper lavorare bene - anche per un paese che odia qualunque sfoggio di violenza e di potere, forse è il momento di pensare ad una dotazione più efficace per i suoi agenti.
Solo il 4,4% dei poliziotti britannici gira armato e nel 2016, tra Inghilterra e Galles, sono stati sparati solo sette colpi. A Londra, megalopoli relativamente sicura ma dove l'anno scorso ci sono stati 3mila episodi di violenza con armi da fuoco, il 90% dei poliziotti è abitualmente disarmato e ogni volta che spara, viene automaticamente aperta un'inchiesta. Ma con il terrorismo internazionale che continua a prendere di mira la città, il 75% dei poliziotti chiede di avere almeno un taser per difendersi.
Forse sul ponte di Westminster le armi non sarebbero bastate a fermare la corsa di Masood, a impedire che l'insegnante di spagnolo quarantatreenne Aysha Frade morisse mentre andava a prendere a scuola i figli, che una giovane romena che doveva sposarsi tra poco cadesse nel Tamigi, ferendosi gravemente, che l'americano Kurt Cochran non riuscisse a festeggiare i venticinque anni di matrimonio e che un settantacinquenne fosse il terzo civile a morire, nella tarda serata di ieri, mentre altre persone sono ancora ricoverate in condizioni critiche.
La moschea di Birmingham ha condannato l'attentato barbaro e spietato e le autorità hanno indetto una veglia oggi alle 5, dopo che quella di Trafalgar Square, con il sindaco Sadiq Khan, il ministro degli Interni Amber Rudd e il capo della polizia, si è trasformata in un momento di grande senso civico e commozione collettiva. Tra la folla si sono visti molti musulmani, tra cui una donna velata con un cartello con sopra scritto: Non a nome mio. (Cri. Mar.)
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