«Mio figlio? Qui non c'è, cercatelo in parrocchia»

Giovedì 19 Gennaio 2017
«Mio figlio? Qui non c'è, cercatelo in parrocchia»
Quando confidiamo a don Claudio, il sacerdote che con don Roberto si divide le parrocchie di Rovolon, il coinvolgimento del confratello in una brutta storia di donne, i suoi occhi si riempiono subito di lacrime. Barcolla, annaspa, cerca aria, quasi stesse soffocando per il colpo arrivato all'improvviso. Non se l'aspettava lui, non se l'aspettavano i fedeli del piccolo comune disteso ai piedi dei colli. Come don Andrea Contin, anche don Cavazzana sembra una sorta di dottor Jekyll e mister Hyde: infaticabile pastore d'anime di giorno, play boy nelle notti passate proprio nella canonica di San Lazzaro. Rovolon, 5mila abitanti, è uno strano Comune, ha infatti al centro della sua vita amministrativa e sociale, non il capoluogo ma la frazione di Bastia. Qui si trovano il municipio, i carabinieri, la chiesa principale, i bar più frequentati. Fino a una decina di anni fa aveva tre parroci: oltre alle frazioni di Bastia e Carbonara, anche uno a Rovolon. Tre don un po' avanti con gli anni, incapaci forse di adeguarsi alle mutate realtà sociali. Fino alla riorganizzazione voluta dalla Diocesi. Via gli ormai anziani sacerdoti, sostituiti una mezza dozzina di anni fa da due più giovani e dinamici, don Claudio Zuin, 59 anni, e don Roberto Cavazzana, 41. I due si sistemano rispettivamente nelle due frazioni, coprendo a turno il capoluogo e dando nuova linfa e nuova energia all'attività pastorale.
Ma si sa, il paese è piccolo e la gente mormora. «Non capisco come si possa affermare che don Roberto andasse a donne - dice una fedele piuttosto turbata - non tanto per le sue possibili inclinazioni, proprio per il tempo materiale. Era sempre in giro come una trottola, organizzava incontri, gite, sempre presente dove c'era bisogno di lui». Ma questa volta non sono parole di paese. Si tratta della sua confessione, messa a verbale venerdì durante un drammatico interrogatorio di sei ore in Procura, finito attorno alle ventuno. Don Roberto compare nei filmini girati dall'amico Andrea nel corso di incontri a luci rosse con alcune parrocchiane di San Lazzaro. E di fronte alle contestazioni dettagliate e alle immagini, alla fine ha abbassato la testa e ha ammesso: «Sì sono io». Nessun reato a suo carico, quelli sono contestati unicamente all'amico Andrea. Don Roberto è un teste, una persona informata sui fatti. Don Roberto rientra in parrocchia evidentemente scosso. Resiste ancora un paio di giorni, domenica viene visto per l'ultima volta quando dice messa, poi sparisce. Quasi sicuramente già in serata, perché sul davanzale della parrocchia la corrispondenza è ammonticchiata da almeno tre giorni. Nessuno l'ha più visto o sentito. Neppure don Claudio, che però non c'ha fatto molto caso all'inizio. Prima di sapere del coinvolgimento di Cavazzana, infatti aveva letto i giornali, senza sospettare chi potesse essere quel generico prete dei Colli coinvolto in festini hard. «È una cosa terribile - commenta - crea sconcerto e amarezza anche perché adesso siamo un po' tutti visti con sospetto». Alla rivelazione che il sacerdote coinvolto è proprio il suo collega gli occhi si gonfiano di pianto. Una reazione simile a quella dei parrocchiani. Anzi, i giornalisti vengono duramente rampognati quando provano a cercare notizie in paese. Don Roberto è un santo e non si tocca. Inutile spiegare che è proprio lui l'implacabile accusatore di sé stesso, con ammissioni che non danno adito a dubbi. I suoi nome e cognome compaiono nella denuncia da cui è partita l'inchiesta della Procura. La 49enne impiegata di San Lazzaro, a lungo amante di don Andrea Contin, gli ha lanciato una precisa accusa. Quella di essere stata costretta a fare sesso con lui sotto l'occhio attento della telecamera di don Andrea che riprendeva le scene hard.
E don Roberto? Dov'è sparito? Del parroco di Rovolon si sono perse le tracce. Immaginando che il suo nome sarebbe diventato di dominio pubblico, tra domenica sera e lunedì di buon'ora, ha lasciato la canonica di Carbonara, abbandonando la chiesa, l'oratorio e l'enorme presepe, di pregevole fattura, che campeggia davanti al campanile. Al telefono non risponde anche se i bene informati sostengono che si trovi in zona. Si è rifugiato chissà dove, forse dai genitori, che, sempre sui colli, gestiscono un noto ristorante con annesso albergo. «No, mio figlio non è qui. Lo trova in parrocchia» risponde l'anziana madre che forse non sa ancora nulla.

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