Meriem, cyber-jihadista: su di lei pende un mandato di cattura internazionale

Giovedì 5 Gennaio 2017
Meriem, cyber-jihadista: su di lei pende un mandato di cattura internazionale
(M.A.) Meriem Rehaily, la cyber-jihadista, è fuggita da casa il 14 luglio del 2015 per arruolarsi nelle milizie dell'Isis. Dopo mesi di indagini, i carabinieri del Ros sono riusciti a provare che la ventunenne marocchina, un tempo residente con la famiglia nella frazione di Vallonga ad Arzergrande, si è unita ai terroristi. Ipotesi che era stata formulata fin dal primo momento, dopo la sua scomparsa, grazie alla scoperta di messaggi postati sui social network e di contatti intrattenuti con combattenti o simpatizzanti per la causa jihadista. Tanto che il giudice per le indagini preliminari di Venezia, Roberta Marchiori, ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti, accogliendo l'istanza presentata dalla Procura distrettuale antiterrorismo di Venezia: per la ragazza marocchina è ipotizzato il reato stabilito dall'articolo 270 quater del codice penale che prevede la pena della reclusione da cinque a otto anni per chi si arruola nelle organizzazioni terroristiche. Ma difficilmente la misura cautelare potrà essere eseguita, a meno che Meriem non decida di far rientro in Italia, oppure passi per qualche altro Paese europeo. Di sicuro se resterà in Siria non ci sarà alcuna possibilità per i carabinieri del Ros di far scattare le manette.
L'ultima volta che papà e mamma hanno sentito Meriem, è stato lo scorso febbraio quando la ragazza li ha chiamati al telefono chiedendo aiuto: «Mi sono pentita voglio tornare». La giovane quel giorno del 14 luglio del 2015, è salita a bordo di un aereo della Turkish Airlines che da Bologna l'ha portata a Istanbul, per poi raggiungere da lì la Siria. I genitori non hanno mai voluto credere alla possibilità che Meriem si sia unita alle milizie dell'Isis. Ma gli inquirenti non hanno dubbi: hanno scoperto che da mesi, prima della fuga, si era creata una seconda identità virtuale in Rete ed era diventata una cyber-jihadista, fornendo supporto alla causa dei terroristi attraverso Twitter e attraverso siti internet nei quali dava consigli sui programmi da utilizzare per non essere rintracciati e sui migliori sistemi per telefonare senza essere intercettati. Nel maggio del 2014, prima della sua scomparsa, era finita all'attenzione della Procura di Roma in relazione alla diffusione sul web di una killing list con i nomi, i numeri di telefono e gli indirizzi di casa di dieci ufficiali da uccidere, tra cui figurava quello del tenente dei carabinieri di Dolo, Gabriele Favero.

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