LA SENTENZA
VENEZIA Anche le spie invecchiano e, dunque, vanno in pensione. Ma

Mercoledì 22 Novembre 2017
LA SENTENZA
VENEZIA Anche le spie invecchiano e, dunque, vanno in pensione. Ma con quale somma: quella calcolata a partire dallo stipendio-base, o quella che considera pure l'indennità ricevuta durante l'attività svolta a favore dei servizi segreti? La seconda che abbiamo detto, per la Corte dei Conti del Veneto, che ha accolto il ricorso presentato da un gruppo di ex dipendenti degli allora Organismi di informazione e sicurezza (l'attuale Dipartimento per le informazioni per la sicurezza) contro la presidenza del Consiglio dei ministri.
I RICORRENTI
A rivolgersi alla magistratura contabile sono stati in 18, di cui 3 donne e 15 uomini; il più giovane ha 54 anni, il più anziano ne ha 69. Tutti sono già stati collocati in congedo, dopo aver prestato servizio nelle strutture disciplinate dapprima dalla legge 801 del 1977 e successivamente dalla 124 del 2007, «nella speciale consistenza organica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri», come ricorda la sentenza. Il riferimento è al Comitato interministeriale incardinato a Palazzo Chigi, con funzioni di consulenza e proposta per il premier sugli indirizzi generali e sugli obiettivi fondamentali da perseguire nel quadro della politica informativa e di sicurezza, in raccordo con i servizi militari e civili, esterni ed interni (prima Sismi e Sisde, poi Aise e Aisi).
L'IMPORTO
Quando lavoravano, gli 007 avevano fruito del trattamento economico previsto dal decreto 8 del 1980, maggiorato da un'indennità di funzione (che spettava ai dirigenti) o operativa (per i non dirigenti), definita però «non pensionabile» dallo stesso testo normativo. Infatti quand'erano stati messi a riposo, gli ex addetti dei servizi segreti si erano visti liquidare un trattamento pensionistico che non comprendeva il calcolo dell'indennità, «in quanto la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha ritenuto che non sussistevano i presupposti per integrare il trattamento di quiescenza con il computo dell'indennità». Due le argomentazioni citate dal governo a sostegno della propria tesi: la specifica disposizione espressamente prevista dal decreto e, più in generale, il fatto che l'indennità era «omnicomprensiva, corrisposta a titolo di rimborso forfetario delle spese comunque sostenute e che non ha natura retributiva».
IL VERDETTO
Nel giudizio instaurato davanti alla sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei Conti, però, Palazzo Chigi non si è costituito, tanto da essere dichiarato contumace. Difesi dagli avvocati Angelo Lanzilao e Massimiliano Fazi, invece, i ricorrenti hanno visto riconosciute le loro ragioni quanto meno per una buona parte della loro carriera. Facendo riferimento a due recenti pronunciamenti della seconda sezione centrale di appello, difatti, il giudice unico delle pensioni Maurizio Massa ha rilevato che le indennità sono diventate pensionabili dal 1° gennaio 1996, in forza della riforma Dini del 1995, secondo cui va considerato come retribuzione pensionabile «tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta in dipendenza del rapporto di lavoro». Per i 18 ex operatori veneti dei servizi segreti, quindi, l'importo dell'assegno dovrà aumentare, in proporzione ai rimborsi all'epoca ottenuti «per lo svolgimento dei compiti di istituto e per l'aggiornamento tecnico-professionale».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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