La rabbia dei pazienti: «Ci prendono in giro»

Domenica 17 Dicembre 2017
La rabbia dei pazienti: «Ci prendono in giro»
LE FAMIGLIE
VENEZIA «Ma che metodi sono questi? Si parla, ci si confronta, non si mandano i carabinieri. C'è di mezzo la nostra vita e la nostra salute: non possiamo stare nelle mani di chi cambia improvvisamente idea». È un fiume in piena Michela Piccoli, infermiera di Lonigo nel Vicentino, portavoce delle mamme che si sono ritrovate in prima persona, ma soprattutto i loro figli, con il sangue avvelenato da Pfas. «Vogliamo parlare con la ministra Beatrice Lorenzin, le abbiamo già scritto - continua la donna - vogliamo incontrarla e chiederle come si permette a fare queste cose, non si rende conto di cosa stiamo passando. Questi vivono in un mondo tutto loro, che non è quello reale: non si gioca con la vita delle persone». Poi lancia un appello a tutte le forze politiche in campo nazionale e regionale: «I giri di parole, il rimpallarsi le responsabilità devono finire - continua Michela, una delle mamme No-Pfas più agguerrite - devono comunicare tra loro e gestire i nostri problemi coordinandosi attraverso informazioni univoche. Qui è in gioco la salute di 350mila persone che si sono trovate con il sangue avvelenato e senza la possibilità di godere di una delle risorse più importanti e necessarie alla vita: l'acqua». Perché la contaminazione del loro sangue è avvenuta proprio attraverso l'acqua del rubinetto inquinata dalle sostanze liberate nei canali dall'azienda Miteni di Trissino. «Alla Miteni - conclude la mamma - continuano, tra l'altro, ad essere prodotti i perfluorati a catena corta e noi siamo molto preoccupati».
LE TERAPIE
Venerdì pomeriggio erano dieci le persone che dovevano sottoporsi a plasmaferesi nei Centri Trasfusionali degli ospedali di Vicenza e Padova seguiti rispettivamente dalle dottoresse Alberta Alghisi e Giustina De Silvestro. Tutti ragazzi che, poche ore dopo il blitz mattutino dei Nas negli uffici della Regione Veneto, hanno ricevuto la telefonata che li avvisava della sospensione della terapia. Poche parole e tra i genitori è iniziato il tam-tam sui social per cercare di capire perché ai loro figli veniva interrotta così all'improvviso la plasmaferesi. Preoccupazione e disorientamento che si sommano ad una situazione già difficile da gestire, perché non si sa che conseguenze possa avere nella loro salute la presenza di Pfas nel sangue e negli organi in cui si è depositato. «Ho appreso tutto dai giornali ora non so cosa accadrà» dice Marina, mamma di un ragazzo di 16 anni che aveva nel sangue una concentrazione di Pfas di 180 nanogrammi. Il ragazzo si è sottoposto alla sesta e ultima seduta di plasmaferesi proprio giovedì ed ora era in trepidazione per sapere gli esiti della terapia. «Avevamo il controllo in ospedale a gennaio, non so se ci sarà lo stesso - continua la donna - mio figlio è stato tra i primi a sottoporsi alla plasmaferesi, ha iniziato lo scorso 17 settembre». E come questo giovane, sono trenta i ragazzi che hanno già concluso il ciclo completo di plasmaferesi che consiste in sei sedute. Per qualche ragazza, con il tasso più elevato di contaminanti, le sedute sono state sette. «Quando abbiano iniziato la terapia c'erano pareri contrastanti tra i medici - continua la mamma - chi ci diceva di farla, chi ce lo sconsigliava. Ma non c'erano alternative, così alla fine ci siamo convinti ad intraprenderla: è stato mio figlio in prima persona che si è voluto sottoporre al trattamento. Dopo le prime quattro sedute la presenza di Pfas si era ridotta del quaranta per cento, e poi i valori altalenanti del sangue facevano supporre che i Pfas si stessero staccando dai tessuti».
IL COMMISSARIAMENTO
Una delegazione del comitato genitori No-Pfas ieri ha incontrato i deputati Pd Daniela Sbrollini, Giulia Narduolo con Alessia Rotta in collegamento telefonico da Roma. «Il governo ha già messo a disposizione 80 milioni di euro, fondi che però non possono essere impiegati perché la Regione, delegata per questa materia, non ha predisposto una pianificazione sufficiente - spiegano i parlamentari Pd che hanno sollevato il problema attraverso l'interrogazione al ministro Beatrice Lorenzin durante il question time in Parlamento - Sono in corso le verifiche da parte della Presidenza del Consiglio, dipartimento della protezione civile, per verificare la concessione dello stato di emergenza con la nomina di un commissario del Governo»
r.ian.
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