LA POLEMICA
VENEZIA A tre giorni dal voto sull'autonomia del Veneto e della Lombardia,

Venerdì 20 Ottobre 2017
LA POLEMICA
VENEZIA A tre giorni dal voto sull'autonomia del Veneto e della Lombardia, i due governatori sembrano fare di tutto per offrire, peraltro su un vassoio d'argento, motivi di critica agli oppositori e ai sostenitori dell'astensione. Casualità? Strategia? Ieri a dividere Roberto Maroni e Luca Zaia sono stati i costi per l'ordine pubblico: Zaia aveva detto che la richiesta del Viminale di addebitare al Veneto 2 milioni per il servizio degli agenti di polizia nei seggi era «un colpo basso», «l'ultimo disperato tentativo di impedire ai veneti l'esercizio democratico del voto», al contrario Maroni ha detto che gli oneri erano previsti e già messi a bilancio. Al che gli astensionisti (e non solo) in Veneto si sono scatenati.
SICUREZZA
«Ci hanno chiesto 3 milioni e mezzo di euro per la sicurezza ai seggi, non è una sorpresa, sapevamo che tutti gli oneri erano a carico delle regioni», ha detto ieri mattina, nel corso di un forum all'Ansa nella sede di Milano, il presidente delle Lombardia Roberto Maroni. «Sapevamo che erano a nostro carico, sono costi aggiuntivi che abbiamo messo a bilancio. La vedo come una cosa positiva: se la sicurezza è a carico della Regione vuol dire che lo Stato riconosce che la Regione può avere competenza anche sulla sicurezza». Il governatore della Lombardia si è anche augurato «di aprire la trattativa con il governo in tempi rapidi, già prima di Natale e di chiudere prima delle elezioni politiche. Io - ha aggiunto Maroni - sono disponibile a chiudere, se Gentiloni ci sta, prima delle politiche perché mi interessa il risultato e non utilizzare questo argomento per la campagna elettorale».
GELO
Le dichiarazioni di Maroni non sono passate inosservate. I primi a riprenderle, giusto per attaccare il governatore veneto Luca Zaia, sono stati Flavio Tosi e Graziano Azzalin. «È da 40 anni - ha detto l'ex leghista e leader di Fare, Flavio Tosi - che è previsto che le spese di organizzazione delle elezioni o dei referendum facciano capo a chi ha indetto la consultazione, quindi è da sempre che la sicurezza (e non solo) dei referendum indetti dalle regioni la pagano le regioni stesse. La materia è disciplinata dai primi tre commi dell'articolo 17 della legge 136/1976. Quello di Zaia è l'ennesimo tentativo di dare un contenuto secessionista alla consultazione di domenica, inventandosi un inesistente conflitto con lo Stato». Poi ci ha pensato Graziano Azzalin, consigliere regionale del Pd in prima linea sul fronte dell'astensionismo: «Nessun colpo basso dal Governo, Zaia mente per l'ennesima volta. E a questo giro a sbugiardarlo è il suo collega di partito e di referendum Roberto Maroni: che il servizio d'ordine ai seggi fosse a carico delle Regioni era noto da tempo e così la Lombardia li ha messi per tempo a bilancio. Cosa ha fatto invece il Veneto?». In casa leghista l'uscita di Maroni ha provocato sorpresa e fastidio, tanto più che solo poche ore prima il governatore lombardo aveva pronosticato come buona un'affluenza al 34%: in Veneto, dove il quorum è il 50% più uno, un dato del genere decreterebbe il fallimento della consultazione. Uno sgambetto, quello di Maroni? «Ognuno dovrebbe pensare a casa propria, noi abbiamo il quorum, lui no», taglia corto il segretario veneto della Lega, Gianantonio Da Re. Che se proprio deve parlare di sgambetto, lo addebita al «governo del Pd»: «La Regione Veneto ha stanziato 14 milioni per il referendum, se avessero detto subito che l'ordine pubblico andava pagato con altri 2 milioni ne avrebbe stanziati 16. Che poi Maroni faccia finta di niente, visto che è stato ministro dell'Interno, questo non lo so. Però chiedo: la sicurezza nei campi profughi la fanno pagare alle cooperative che gestiscono quei campi o ai contribuenti? Non solo: gli agenti di polizia sono già stipendiati, però adesso vengono messi in conto alla Regione. Ma i 15 miliardi del Veneto e i 50 della Lombardia di residuo fiscale non bastano allo Stato?».
CHI PAGA
Roberto Ciambetti, oggi presidente del consiglio regionale del Veneto, fino al 2015 assessore al Bilancio, ripete che mai prima d'ora l'ordine pubblico è stato fatto pagare per una consultazione: «Ma lo fanno pagare alle società di calcio per i servizi allo stadio? E alla triplice quando organizza le manifestazioni del 1° maggio? L'ordine pubblico non è mai stato addebitato neanche quando si è votato per la fusione dei Comuni, dove peraltro ti mettono il timbro sulla tessera elettorale». Resta da capire dove salteranno fuori i 2 milioni di euro da rimborsare al ministero dell'Interno, da quale capitolo di spesa saranno tolti. «Aspetto disposizioni dal presidente Zaia», ha detto l'assessore al Bilancio Gianluca Forcolin. Se ne riparla lunedì.
Alda Vanzan
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