La cellula costruita dall'imam salafita

Domenica 20 Agosto 2017
Brandelli di carne fra le macerie della casa di Alcanar, il covo laboratorio nell'urbanizzazione Montecarlo dove la cellula di ragazzini jihadisti marocchini ha pianificato gli attacchi, che dovevano sfregiare i luoghi simbolo della cristianità e della Barcellona aperta e cosmopolita: la Sagrada Familia, le Ramblas, il porto turistico. Sono il filo rosso seguito dagli inquirenti che porta a Abdelabaki El Satty, 40 anni, l'imam che ha istruito il commando all'odio salafita. Sarebbe saltato in aria con un altro uomo e con Mohammed Houlikemlal, estratto vivo dalle rovine, mentre manipolava un centinaio di bombole di gas, che con l'innesco dell'esplosivo dovevano produrre un effetto ancora più devastante. El Satty era il leader spirituale del gruppo, anche se non esercitava più come imam della moschea di Sant Antoni, a Ripoll. Nella sua casa di Calle Sant Pere da Ripoll, in provincia di Girona dove viveva e dove risiedeva la gran parte della cellula di almeno 12 terroristi, la polizia ha prelevato all'alba tracce del suo Dna, per compararle con i resti biologici ritrovati fra le rovine dell'esplosione. Martedì, solo due giorni prima degli attacchi sulla Rambla e a Cambrils, l'imam aveva detto al suo coinquilino al quale 4 mesi fa aveva subaffittato una stanza, protetto dall'anonimato - che sarebbe tornato in Marocco, dalla moglie e dai figli.
Cinque nuclei familiari marocchini, alcuni originari di Melilla, residenti da anni qui, a Ripoll. Famiglie immigrate, oggi con i figli ventenni, terroristi, morti, arrestati o in fuga.
Alcanar, Ripoll, Vic, Esplugas, Girona e Garrigas: la cellula radicalizzata si è mossa agilmente in tre delle quattro province catalane dove è in corso la caccia serrata ad Abouyaaqoub e a un paio di sospetti identificati dagli inquirenti. Potrebbero aver passato la frontiera da Girona alla Francia su un bus o sul terzo van noleggiato, che ancora manca all'appello. La principale incognita è chi ha finanziato l'operazione e provvisto di logistica i terroristi in erba. Una traccia seguita dall'intelligence sono i recenti e frequenti viaggi di alcuni dei terroristi in Marocco e la vicina Francia.
In questo paesone di diecimila anime, li conoscono tutti: «Certo che li ricordo. Erano sempre assieme e si riunivano ogni pomeriggio al campetto di calcio. Spesso erano in giro con le biciclette e non li ho mai visti frequentare la moschea», assicura il proprietario del bar Les Gralles accanto alla stazione di Ripoll. «Sono nati qui, da bambini frequentavano il collegio Vedrona, poi l'Abat Oliva, e infine il liceo Raguer, fanno da sempre parte della comunità», assicura Laia, madre di un ex compagno di scuola di Moussa. All'Istituto di suore Abat Oliva si erano conosciuti tutti i membri della cellula. Dopo la scuola, Driss lavorava saltuariamente in un ristorante della zona, mentre Moussa faceva parte della squadra giovanile di calcio F.S. Ripoll. A 15 anni aveva affidato alla rete sociale Kiwi il commento: «Se fossi re, ucciderei tutti gli infedeli». Ma chi lo conosce assicura che ha cominciato a cambiare solo pochi mesi fa, prima dell'estate. Quando ha avviato contatti con radicali in Francia, dove vive il padre Said, separato dalla madre, Fatima. Con Driss, anche un terzo fratello, Said, sarebbe fra i 4 arrestati per gli attentati.
Girona e Tarragona sono province dove la radicalizzazione va di pari passo con la diffusione del salafismo, nelle moschee spesso finanziate con fondi provenienti da Kuwait e Qatar. In Catalogna un luogo di preghiera su tre è di culto salafita: 79 oratori dei 256 in totale seguono il movimento che proclama un ordine islamico universale. Il numero di centri di preghiera salafiti è raddoppiato dal 2012. A Salou, sulla costa, Mohamed Atta, pilota del primo aéreo degli attacchi alle Torri gemelle, incontrò altri membri della cellula di Al Qaeda. Ed era di Vilanova i Geltru, a un pugno di chilomentri da Cambrils, il martire suicida che nel 2003 uccise 25 italiani nella base di Nassirya, in Irak.

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