L'avventura di Toni tra nebbie e Dolce Vita

Domenica 13 Agosto 2017
L'avventura di Toni tra nebbie e Dolce Vita
Toni Cibotto è morto ieri, alle 14,05, nella sua casa di Rovigo. Aveva compiuto 92 anni l'8 maggio scorso. Da qualche giorno le sue condizioni di salute, precarie da anni, si erano aggravate. Accanto a lui, nella stanza da letto al primo piano della villa di viale Trieste 20, a poche centinaia di metri dalla redazione de Il Gazzettino che per decenni è stata la sua casa, la nipote Annamaria e le fidate assistenti che da tempo si erano trasformate nei suoi angeli custodi. Ancora da fissare la data del funerale, che verrà celebrato a Lendinara, dove c'è la cappella di famiglia.
Senza Gian Antonio Cibotto il Delta del Po sarebbe rimasto un luogo indefinito, a metà tra la nebbia e il mare, una geografia immaginaria ai bordi del Veneto. Per rendere i colori, i tagli di luce, il mare aperto oltre l'orlo delle barene, in effetti, serviva qualcuno che là ci fosse stato davvero, abbastanza a lungo per capire il confine tra vero e foschia, ma anche con abbastanza disincanto da trovare le parole per spiegarlo. Grazie a Cibotto il Delta del Po è diventato un luogo letterario.
Lunatico, stravagante, contraddittorio, umorale ha scritto infatti di lui l'editore Cesare De Michelis nella postfazione di una riedizione delle Cronache dell'alluvione. Soprattutto uno scrittore vero, che ha svolto un ruolo preciso e individuabile nella cultura italiana e non solo come testimone di un mondo magico e lunatico come quello polesano. Una doppia anima di scrittore e giornalista in grado di mostrare la lotta impari di un vecchio con lo storione nel Delta (Scano Boa) o la gita surreale a Padova di una comitiva di ragazzi guidati dal loro parroco.
Nato a Rovigo nel 1925, lasciò la città la prima volta solo 12 giorni dopo la nascita, fuggendo con la famiglia per evitare una spedizione punitiva dei fascisti. Una fuga notturna sull'auto del vescovo venuto a conoscenza, grazie alla confidenza di un gerarca, dei piani punitivi contro il padre di Gian Antonio, il parlamentare Carlo Cibotto. «Da allora sono vissuto sempre fuori casa», racconta Gian Antonio Toni Cibotto nella sua biografia. A partire dalle elementari al Collegio Manfredini di Este (dove studierà anche Vittorio Sgarbi, di cui fu mentore) perché il preside del liceo di Rovigo aveva scritto ai genitori motivando che «il figlio di un irriducibile antifascista non poteva essere allievo della scuola modello del fascismo polesano», fino all'Università, a Padova, dove si laurea in Giurisprudenza, ma, soprattutto, frequenta la libreria Draghi dove, in una sala definita dei maestri si incontravano autori come Diego Valeri, Concetto Marchesi, Manara Valgimigli, Bonaventura Tecchi ed Egidio Meneghetti.
Toni tornerà a Rovigo dopo la guerra, ma si fermerà giusto il tempo per ripartire, stavolta alla volta di Roma. È il 1952. Il poeta Vincenzo Cardarelli lo chiama alla redazione de La Fiera letteraria, una delle poche riviste letterarie dell'epoca attorno alla quale gravitavano nomi come Brancati, Moravia, Pannunzio, Festa Campanile, Comisso. Frequenta il mondo della Dolce vita, tra pittori, vignettisti, letterati, registi (con Monicelli lavora a un film che non si farà mai), attori e attrici, poeti e scrittori. Conosce Angelo Rizzoli, che lo vuole alla Rcs. Nel 1958 esce il suo romanzo d'esordio, La coda del parroco: gli varrà l'ostilità del mondo cattolico incrinando il rapporto con il padre democristiano. Tornerà a Rovigo solo a metà anni '70 per lavorare a Il Gazzettino di cui sarà a lungo il critico drammaturgico, riprendendo un mestiere, il giornalismo, mai veramente abbandonato.
Dopo il pensionamento dal giornale, avvenuto nel 94, continuò a collaborare con il quotidiano del Nordest, firmando una rubrica settimanale, il Salotto polesano, con cui tratteggiava alcuni personaggi della terra che più amava, quella tra Adige e Po e quella veneta in generale. La collaborazione con l'edizione rodigina de Il Gazzettino si è interrotta solo una decina di anni fa, quando le forze hanno iniziato a venirgli meno. Fino ad allora la sua presenza in redazione è stata pressoché quotidiana: arrivava in sella all'inseparabile Graziella, talvolta con la cagnolina Fosca, sigaro tra le labbra e cappello calcato in testa.
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