Il volto scavato, le parole gentili «Che bella questa foto di Carlo»

Martedì 23 Ottobre 2018
Il volto scavato, le parole gentili «Che bella questa foto di Carlo»
L'ULTIMA USCITA
VENEZIA Faceva un caldo insopportabile, quella mattina di luglio a Treviso. Venerdì 13, giorno triste fin dalla data, l'addio in duomo a Carlo Benetton, il quarto dei quattro fratelli Benetton. Cento giorni dopo, se n'è andato anche il terzo: Gilberto, smagrito e sofferente già in quell'ultima uscita pubblica insieme al resto della famiglia.
IN CHIESA
Mentre la cattedrale era già gremita, i tre Benetton si erano fermati sul sagrato ad attendere l'arrivo del feretro di Carlo. Luciano con l'iconica chioma bianca, Giuliana con l'inconfondibile treccia nera. Gilberto invece era senza cravatta ed era l'unico con gli occhiali da sole, una mascherina di protezione su una maschera di dolore. Il volto scavato dalla malattia, le mani intrecciate dietro la schiena, il malessere acuito dall'afa. Ma durante i funerali, il 77enne non aveva ceduto alla prostrazione: in prima fila insieme ai fratelli, e alla vedova Cristina, per tutta la celebrazione era rimasto accanto alla moglie Lalla. Sul banco aveva trovato il libretto delle letture, Saluto a Carlo, che in quarta di copertina aveva una foto dell'imprenditore scomparso, ripreso da lontano e di spalle, mentre scrutava l'orizzonte che si stagliava al di là di un'infinita distesa di terreni. Quell'immagine era stata una sorpresa per tutti, ma era stata particolarmente apprezzata proprio da Gilberto: «Che bella», aveva sussurrato ai familiari. Poi la cerimonia era terminata e l'industriale era uscito subito, accompagnato a braccetto dalla figlia Sabrina, dopo che nel 2004 era stato lui a portare sotto braccio lei dalla casa trevigiana in piazzetta dei Lombardi alla sala degli Stucchi di Ca' Farsetti, in occasione del matrimonio veneziano con Ermanno Boffa. «Là dentro c'era troppo caldo», aveva mormorato il presidente di Autogrill agli amici che gli chiedevano se stesse bene, vedendolo provato mentre scendeva la gradinata della chiesa, quasi scusandosi per la fragilità mostrata in quel momento. Ma la debolezza fisica non gli aveva impedito di ricambiare le strette di mano e gli abbracci della gente, di restituire parole di gentilezza ai gesti di condoglianze, di chiedere al nipote Alessandro notizie su Deborah Compagnoni e i loro figli rimasti in America. Finché il campanile aveva suonato mezzogiorno e solo allora i fratelli Benetton si erano staccati dal quarto di loro quattro.
ALL'ASSEMBLEA
Ora che è mancato anche il terzo, rimane il ricordo di un'altra sua ultima volta: la sua ultima assemblea confindustriale, lo scorso 15 giugno a Marghera, in occasione della fusione fra le associazioni territoriali di Treviso e Padova per la nascita di Assindustria Veneto Centro. Incalzato dai cronisti, Benetton non si era ritratto neanche in quella circostanza: «Il governo? Adesso lo vedremo alla prova. Intanto cerchiamo di stare vicini a Confindustria e a questa scelta molto coraggiosa. Come gruppo noi siamo anni e anni che facciamo fusioni e scissioni, quindi il fatto di mettere insieme più aziende e più distretti fa sì che diventiamo tutti più forti». Ma era già molto debole il signor Gilberto, come usavano chiamarlo in molti, incrociandolo in Calmaggiore.
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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