IL RETROSCENA
ROMA I vertici del M5S rimasti in queste ore a presidiare Palazzo

Giovedì 20 Settembre 2018
IL RETROSCENA
ROMA I vertici del M5S rimasti in queste ore a presidiare Palazzo Chigi scuotono la testa: «Alla fine passiamo sempre noi per quelli che non vogliono fare le cose, per il partito del no, per quelli contro, ma davvero non è così». Chiara Appendino, sindaca grillina di Torino, si è trovata invece presa in contropiede. Nessuno, «giù a Roma», l'aveva avvisata sulla possibilità di un piano B, con l'asse Milano-Cortina, che poi è anche quello turboleghista tra Lombardia e Veneto con il perno del dem Beppe Sala. Ora però Appendino si trova a rispondere alle critiche della parte produttiva della sua città e dunque deve sì tenere il punto sui costi che il Comune non può sopportare ma allo stesso tempo dice ai suoi: «Se ci rimettiamo tutti intorno a un tavolo e cambiano le regole, senza nessuno che primeggi, Torino può rientrare in partita, ma ci deve essere la massima consapevolezza da parte di tutti».
Considerazioni arrivate nella serata di ieri, dopo la spedizione del Coni a Losanna, con il Cio apparso comunque molto interessato al dossier Italia. Attenzione: la delegazione ha messo sul tavolo due progetti. Quello nuovo Milano-Cortina, ma anche quello vecchio e decretato «morto» a tre. Segno che la speranza ancora c'è. E che la trattative se condotte al massimo livello potrebbero portare una svolta. Che ancora non c'è. Dalla città della Mole, Appendino è «in attesa».
In molti attendono il ritorno di Luigi Di Maio dalla Cina per capire se ci sono o meno margini di ricucitura. Spazi strettissimi, che al momento nessuno vede. Simone Valente, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e responsabile sport del M5S, vede al momento «solo un gran numero di dichiarazioni». Ma per il resto non c'è un tavolo vero e proprio dove poter dire: bene, proviamo a trovare l'accordo a tre e facciamo tutti un passo indietro per farne due in avanti.
NEL GOVERNO
Smaltita la rabbia del M5S per il piano B benedetto nella forma (ma non nella sostanza economica) dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti, l'unico punto di sfogo rimane Beppe Sala, in quanto sindaco Pd. Definito «arrogante» e «irresponsabile» dai capigruppo D'Uva e Patuanelli. I quali tra le righe fanno capire che con la candidatura a due lo Stato non ci metterà un euro, lasciando sottintendere che se si tornasse alla formazione iniziale tutto cambierebbe anche dal punto di vista economico.
Non a caso, Riccardo Molinari in serata fa una dichiarazione che potrebbe essere foriera di un'intesa: «La Lega ha lavorato, e continua a farlo con convinzione, per portare le Olimpiadi a Torino, Milano e Cortina». Ora, continua il capogruppo del Carroccio alla Camera, «le tre città devono trovare un accordo comune e lasciare da parte particolarismi politici e d'immagine».
Il governatore del Veneto, Luca Zaia, è il più convinto di poter ricostituire il tridente, «ancora la soluzione migliore». E anche Matteo Salvini, seppur spinga per il tandem, ammette che «lavoreremo per mettere d'accordo tutti, facendo il possibile perché siano ospitate dall'Italia». Traduzione: la partita potrebbe non essere chiusa, e per il ministro dell'Interno sbloccare questa situazione sarebbe una doppia vittoria. Da una parte dimostrebbe il pragmatismo della Lega capace di essere subito operativo su altre opzioni (Milano-Cortina), dall'altra, riuscisse a ritornare al vecchio schema mettendo tutti d'accordo, passerebbe per l'eroe di Torino. E l'anno prossimo, come si sa, in Piemonte si vota per le regionali. E dunque un successo a cinque cerchi sarebbe il miglior santino elettorale da distribuire. E così tutto oscilla. E nessuno si sente di dire sul serio la parola fine, anche se il filo delle dichiarazioni sempre non dare adito a possibilità.
LA LINEA
Giorgetti è categorico a Otto e mezzo: «La candidatura alle Olimpiadi è «definitivamente tramontata per quanto mi riguarda e per quanto riguarda il governo, sicuramente sì. Ho seguito con serietà la vicenda e a un certo punto mi sono arrivate risposte non sufficientemente chiare e ho ritenuto che fosse meglio lasciar perdere».
Dal Coni auspicano che non finisca qui per motivi istituzionali e di risultato finale, anche se i rapporti con il M5S, principale partito di governo sono tesi e ai minimi storici. Soprattutto dopo l'affondo di Di Maio su Palazzo H. Un unicum nella storia. Quando il vicepremier pentastellato ritornerà dall'Oriente si proverà l'estremo tentativo. Appendino d'altronde è pragmatica: «Noi ci abbiamo lavorato e ci credevamo. Se cambiano le cose....». Per Salvini la solita doppia partita: in caso di successo della candidatura italiana, doppia o tripla che sia, per lui le cose andrebbero più che bene.
Simone Canettieri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci