Il momento più difficile del manager e i Benetton gli danno piena fiducia

Domenica 19 Agosto 2018
IL RETROSCENA
ROMA Chi conosce Giovanni Castellucci, ad di Atlantia, la società che controlla Autostrade, sa bene quanto sia duro, puntiglioso e perfezionista. Con se stesso e con gli altri. Poco incline al palcoscenico e ai talk show televisivi, l'ingegnere di Senigallia preferisce parlare con i fatti, metterci la faccia. E se ieri in conferenza stampa si è scusato e ha riconosciuto di non essere stato immediatamente vicino alla città, «di non essere riuscito a far percepire la vicinanza, lo strazio vissuto», non lo ha fatto per recuperare spazio mediatico, un bottino prezioso in questi tempi dominati dai social, ma perché anche questa volta, e in ritardo, come da lui stesso riconosciuto, ha voluto esporsi in prima persona. «Siamo qua ora, perché prima c'era l'emergenza da affrontare, i soccorritori al lavoro da supportare», ha spiegato. Di certo è il momento più difficile per il manager da quando, sono circa 20 anni, è nel gruppo della famiglia Benetton. E proprio dai Benetton gli è stata rinnovata la fiducia, l'invito ad andare avanti, anche per difendere i 7.500 lavoratori di Autostrade, che la messa in discussione della concessione da parte del governo, potrebbero essere a rischio. Lui del resto non si sarebbe mai tirato indietro, sopratutto ora, sopratutto adesso che il governo chiede un capro espiatorio. Perché la missione è ricostruire, dopo aver aiutato i parenti delle vittime, gli sfollati. «Spetterà quindi alla magistratura - dice ancora in conferenza stampa - accertare come sono andati i fatti, trovare i responsabili. Spero facciano presto e che vadano in profondità». Chi ha sbagliato, è evidente, pagherà.
Dal primo istante, da quando alla vigilia di Ferragosto, è squillato il cellulare che ha portato la terribile notizia della tragedia di Genova, Castellucci ha capito la gravità di quanto accaduto e avvertito il peso della responsabilità, delle cose da fare e da capire, delle risposte da dare e dei dubbi da chiarire a tutti e a se stesso. Così ha provato a trasformare la commozione profonda, nascosta, celata anche ai suoi più stretti collaboratori, in qualcosa di positivo. Bianco in volto, senza quasi dire una parola, è partito per Genova, lasciando la famiglia appena raggiunta nella casa delle vacanze in Toscana. Una borsetta con poche cose, il necessario per stare fuori. A poche ore dal disastro era ai piedi del ponte crollato, quasi incredulo di fronte all'ammasso di macerie bagnate dalla pioggia, al dolore, ai lampeggianti delle ambulanze. Nel frattempo, telefonate su telefonate con i suoi collaboratori, con il responsabile del tronco, Stefano Marigliani, con le autorità locali per capire e coordinare i lavoro.
IL DOLORE
Castellucci non ha più lasciato Genova ed i suoi, ad eccezione di una mezza giornata a Milano, venerdì, per mettere a fuoco il piano di interventi annunciati ieri. Mezzo miliardo per le famiglie delle vittime, gli sfollati, la mobilità, il nuovo ponte di acciaio. Il primo pensiero è stato quello di supportare al massimo le forze di polizia, la protezione civile e i vigili del foco nell'opera di recupero dei sopravvissuti. Martedì pomeriggio, poi mercoledì e giovedì si sono susseguiti gli incontri, riservati, con le istituzioni. Per studiare e mettere in campo una viabilità alternativa che consentisse alla città di rimanere viva, per ipotizzare soluzioni per la ricostruzione in tempi rapidi del viadotto. In 8 mesi, è l'obiettivo, dovrà sorgere il nuovo ponte in acciaio, le strade di collegamento con il porto. Forse, dicono i suoi collaboratori più stretti, tutto questo non è stato raccontato subito. Ma Castellucci è un ingegnere meccanico e l'approccio dell'ingegnere è quello che prima fa e poi lo dice. Un limite. Le scuse, arrivate solo ieri pomeriggio, hanno chiuso il cerchio, colmato una lacuna, un vuoto. Ma «siamo in piedi giorno e notte dal momento della tragedia», dice ai suoi manager, convinto che vale comunque più la concretezza della visibilità. Resta il dolore, immenso, per chi ha perso la vita, per chi non c'è più.
Umberto Mancini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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