IL CASO
ROMA Il viaggio è programmato ormai da tempo. Giovanni Tria, ministro

Martedì 21 Agosto 2018
IL CASO
ROMA Il viaggio è programmato ormai da tempo. Giovanni Tria, ministro dell'Economia, è pronto a partire alla volta di Pechino. La partenza è fissata per la prossima settimana, il 27 agosto e durerà fino al 2 settembre, proprio a pochi giorni dalla decisione della agenzie di rating sul debito sovrano di Roma (anche se ieri Moody's ha deciso di posticipare il suo giudizio). Sono previsti molti incontri della delegazione italiana della quale faranno parte anche i rappresentanti della Banca d'Italia guidati dal vice direttore generale Fabio Panetta. La delegazione incontrerà il ministro delle finanze cinese, la banca centrale, le autorità di vigilanza, le maggiori banche del Paese e anche le società di fintech.
LO SCOPO
Nelle settimane scorse si è detto che lo scopo del viaggio era anche quello di provare a convincere i cinesi, i cui forzieri grazie a loro avanzi commerciali traboccano di soldi, a investire anche sul debito italiano. Il problema è noto. Da qui a fine anno la Banca centrale europea, come ormai annunciato, metterà fine al programma di Quantitative easing, l'acquisto di titoli di Stato dei Paesi del Vecchio Continente. Da settembre gli interventi scenderanno a 15 miliardi dai 30 attuali, e poi a dicembre gli acquisti si fermeranno. Dal prossimo anno la Bce si limiterà a reinvestire soltanto i proventi dei titoli in scadenza. Per l'Italia, insomma, verrà meno il principale compratore di debito pubblico sul mercato secondario. Urge, insomma, trovare valide alternative. La Cina potrebbe essere una di queste. Ma il condizionale è d'obbligo. La missione cinese di Tria non nasce sotto i migliori auspici. Complice il crollo del ponte di Genova e la decisione del governo, del quale Tria fa parte, di avviare la procedura di revoca della concessione di Autostrade per l'Italia, riguarda da vicino proprio Pechino.
IL CONTENZIOSO
Nel capitale della società che possiede la rete autostradale, compreso il viadotto della A10 crollato alla vigilia di ferragosto, il fondo sovrano cinese Silk and Road, possiede una quota del 5%. Dunque, la decisione di aprire un contenzioso con Autostrade per la revoca della concessione incide direttamente sui rapporti con la Cina. Pechino al momento, ha una grande priorità: il progetto «One road, one belt», la nuova via della seta che dovrebbe collegare il Celeste impero al resto del mondo. Un progetto che ha le infrastrutture, porti, strade, autostrade, ferrovie, come focus strategico. Silk and road fund è il braccio finanziario che Pechino utilizza per portare avanti il suo programma. Un Paese che dà l'impressione di virare verso un programma di nazionalizzazioni, difficilmente potrebbe diventare un partner affidabile per l'iniziativa cinese. Il viaggio di Tria, insomma, non inizia sotto i migliori auspici. Anche perché i cinesi puntano a coinvolgere Roma nell'inziativa «One road, one belt». Sarà necessario convincerli che Roma non ha intenzione di seguire la strada protezionistica inaugurata da Donald Trump.
Andrea Bassi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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