IL CASO
ROMA Il 4 marzo è una data cerchiata in rosso non solo in Italia.

Mercoledì 17 Gennaio 2018
IL CASO
ROMA Il 4 marzo è una data cerchiata in rosso non solo in Italia. Tutte le cancellerie europee, Parigi, Berlino e Bruxelles in testa, guardano con preoccupazione ai risultati delle elezioni italiane. Il timore di Emmanuel Macron, come di Angela Merkel e di Jean-Claude Juncker, è che dalle urne salti fuori la vittoria dei partiti euro-scettici. Quelli guidati dal cinquestelle Luigi Di Maio e dal leghista Matteo Salvini. Oppure, com'è accaduto in Germania e prima ancora in Spagna, non esca alcun vincitore. Da qui un tifo silenzioso (se Renzi come dicono i sondaggi non dovesse farcela) a favore di un accordo post-elettorale che spappoli il centrodestra e porti all'abbraccio tra Pd e Forza Italia, i partiti pro-Europa.
A dare voce all'allarme e a tracciare il solco con grillini e leghisti è, in modo irrituale, Pierre Moscovici, commissario europeo agli Affari economici. In una conferenza stampa a Parigi, l'esponente socialista parla di «rischi politici» per l'Europa. Spiega: «L'Italia si prepara a elezioni il cui esito è quanto mai incerto. Quale maggioranza uscirà dal voto? Quale programma e quale impegno europeo? Il tutto in un contesto che vede la situazione economica dell'Italia non certo al migliore livello». Poi, quasi a sdrammatizzare: «Sull'Italia cito sempre Galileo, Eppur si muove. Ed è come un gatto, cade sempre in piedi». Ma non sono solo i socialisti a essere in allarme. Anche Jyrki Katainen, vicepresidente della Commissione, liberal conservatore aderente al Ppe, non nasconde la preoccupazione: «Speriamo che l'Italia venga guidata da un governo stabile ed europeista».
LA DOPPIA BOCCIATURA
Moscovici va oltre. Si prende poi la briga di regolare i conti con Di Maio: «È un controsenso assoluto la sua proposta di sfondare il tetto del 3%» del rapporto deficit-Pil. «Ridurre il deficit significa combattere il debito e combattere il debito significa rilanciare la crescita. Più sei indebitato, più sei incastrato». E critica il candidato governatore lombardo del centrodestra, il leghista Attilio Fontana per le sue parole anti-migranti e a difesa della «razza bianca»: «Sono affermazioni scandalose. I partiti illiberali, razzisti, estremisti vanno combattuti». Alla condanna di Fontana si associa il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans: «Dobbiamo proteggere i valori comuni dell'Unione e il razzismo è inaccettabile».
Le reazioni non si fanno attendere. Mentre Forza Italia tace e al massimo promette «stabilità», ecco Salvini: «A essere inaccettabile è l'intrusione di un burocrate europeo nelle nostre elezioni». E Di Maio: «Chiedo un confronto pubblico a Moscovici. Noi vogliamo fare investimenti in deficit ad alto moltiplicatore per ripianare il debito. In ogni caso è un'ingerenza. E' successo sul referendum e non ha portato bene...».
Già. Poco più di un anno fa non ci fu cancelleria europea che non si schierò a favore del sì al referendum costituzionale. Finì 60% a 40% per il no e Matteo Renzi (che da qualche tempo ha abbandonato toni euro-critici) si dimise. Così il sottosegretario all'Europa, Sandro Gozi, afferma: «Non c'è elezione nazionale che non abbia riflessi sugli altri Paesi e sull'Unione ed è normale che vengano espressi giudizi. E' accaduto lo stesso in occasione del voto in Francia, Spagna, Germania». E da palazzo Chigi filtra una cauta e cortese presa di distanze dall'allarmismo di Moscovici. Del tipo: l'Italia è un grande Paese, c'è un governo che governa. Nel pomeriggio Moscovici corregge un po' il tiro: «Non è vero che ho parlato di rischi e comunque spetta agli italiani decidere. Non è un segreto in ogni caso che come commissario e socialista lavoro molto bene con il governo di Gentiloni e Padoan. Ciò detto, lavoreremo con qualunque esecutivo democraticamente eletto».
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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