IL CASO
PADOVA Cinque colpi di pistola, uno dietro l'altro, hanno rotto il silenzio

Martedì 17 Luglio 2018
IL CASO
PADOVA Cinque colpi di pistola, uno dietro l'altro, hanno rotto il silenzio della notte alle porte di Padova. Due pallottole di piccolo calibro si sono conficcate nella facciata dell'abitazione, tre hanno attraversato la tapparella e la finestra, colpendo l'armadio, il soffitto e il muro dove poggia la testata del letto di un ragazzo di vent'anni. A essere presa di mira è la casa di Ario Gervasutti, 55 anni, friulano di Palmanova ma padovano d'adozione, giornalista del Gazzettino, caporedattore in servizio all'ufficio centrale della sede di Mestre, sposato e padre di due figli. Lui e la sua famiglia sono le vittime dell'attentato che ha sconvolto la città e su cui indagano i carabinieri che al momento non escludono alcuna ipotesi.
GLI SPARI
Era l'1.45 della notte tra domenica e lunedì quando qualcuno ha esploso i cinque colpi contro il muro frontale dell'abitazione del giornalista, quello che si affaccia verso il cancello d'ingresso, in via Ravizza, una strada residenziale di Chiesanuova, a due passi dal cuore della città del Santo. Per accedervi bisogna svoltare direttamente dall'arteria principale, che dà il nome al quartiere: all'angolo, da una parte c'è una filiale della banca Unicredit, dall'altra un distributore dell'Agip, per il resto, ci sono solo palazzi e villette singole. Un tranquillo isolato residenziale.
Il rumore degli spari ha svegliato tutti gli abitanti della casa, che sono subito usciti dalle camere. Tutti vivi, tutti salvi. Accertarsi che i propri figli, di 20 e 24 anni, non fossero feriti o in pericolo è stata la prima preoccupazione di papà-Gervasutti: non ha fatto nemmeno in tempo a chiedere state tutti bene? che si è ritrovato i due ragazzi già in corridoio. «Hanno sparato dentro camera mia» ha spiegato frettolosamente il più giovane. Poi tutti hanno spento le luci ed è partita la telefonata ai carabinieri. Per tutta la notte la Scientifica ha eseguito i rilievi per verificare le traiettorie dei proiettili, il calibro e risalire alla pistola che ha esploso i colpi. Si tratterebbe di una sola arma, utilizzata da un'unica persona. Impossibile per ora chiarire se il malvivente avesse qualche complice con sé.
LA FUGA
Chi ha sparato è riuscito a dileguarsi senza fare alcun rumore: con la finestra aperta si sarebbero dovuti sentire i passi di qualcuno che scappava o un'auto o un motorino che si allontanavano, per cui l'ipotesi più accreditata è che chi ha compiuto l'attentato si spostasse in bicicletta: un mezzo silenzioso e abbastanza veloce da consentire la fuga, senza targa per non essere rintracciato nemmeno nel caso la zona fosse coperta da eventuali telecamere di videosorveglianza.
Dopo i rilievi, Gervasutti è stato sentito tutta la mattina al Comando provinciale dei carabinieri di Padova, dove ha depositato denuncia per l'accaduto, spiegando di non aver mai ricevuto minacce.
L'INDAGINE
I militari non escludono nessuna ipotesi anche perché nessuno ha rivendicato l'attentato: potrebbe essere un'intimidazione di stampo mafioso nei confronti del giornalista oppure addirittura qualcuno che potrebbe aver clamorosamente sbagliato abitazione. Difficile, invece, si possa trattare di uno scherzo, di una bravata o di un semplice avvertimento. Troppi cinque colpi, potenzialmente letali. Se qualcuno avesse voluto solo spaventare la sua vittima, ne avrebbe esploso solo uno e non verso una finestra, ma contro il muro. Chi ha impugnato l'arma, inoltre, secondo le prime ipotesi, sarebbe qualcuno che sa sparare. Nonostante la vicinanza alla casa della strada, da cui sono partiti i colpi - circa una decina di metri - non è così semplice sparare e mirare con una pistola di piccolo calibro. E in questo caso, in pochi secondi e al buio, il malvivente è riuscito a mandare a segno tre proiettili su cinque.
Qual è, dunque, il movente? I carabinieri percorrono tutte le strade possibili e scavano nell'attività professionale di Gervasutti che ha iniziato come giornalista da giovanissimo al Gazzettino, in redazione a Padova, per poi lavorare a Milano, quindi rientrare al Gazzettino come inviato speciale e dirigere per 7 anni il Giornale di Vicenza, prima di tornare come caporedattore nel 2016 nell'ufficio centrale del nostro giornale.
Marina Lucchin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci