Grandi navi, 14 progetti «Ma la Marittima resta»

Domenica 10 Febbraio 2019
TURISMO
MESTRE «Questo silenzio non mi piace. Dal Ministero non mi rispondono più». Luigi Brugnaro l'altro ieri era a Sant'Erasmo per presentare il piano-casa quando ha detto queste cose riferendosi al problema delle crociere, e non è uscito a caso giusto nel fine settimana perché martedì prossimo riceverà i vertici delle compagnie di crociera che fanno scalo a Venezia e gli operatori legati al settore: sul tavolo il contributo di accesso e naturalmente il futuro del comparto dato che da Roma ancora non arrivano risposte su dove dovranno essere collocate le grandi navi bianche.
LA VALUTAZIONE
Dalla Capitale si continua a dire che il ministero dei Trasporti sta valutando costi e benefici di tutte le ipotesi che, inizialmente, pareva fossero undici, poi salite a tredici e ora addirittura a quattordici, e sono di ogni provenienza, compresa quella di una parte del mondo ambientalista che, invece di chiedere l'estromissione delle crociere dalla laguna, propone soluzioni meno drastiche ma comunque più rispettose dell'ecosistema.
Il primo problema è, però, quando, e in secondo luogo dove e come. E l'ordine degli elementi non è messo a caso ma segue le priorità che compagnie di navigazione e operatori portuali hanno ben presente.
Il tempo, in primo luogo, perché nonostante tutte le difficoltà, dalle campagne mediatiche contrarie alle incertezze provocate da oltre sette anni di decreto Clini-Passera, che a marzo del 2012 impose di vietare alle navi da crociera oltre le 40 mila tonnellate di stazza di passare davanti a San Marco ma che diventerà operativo quando si troverà la soluzione alternativa, nonostante tutto questo nel 2018 i numeri di passeggeri alla Marittima hanno ricominciato a crescere, del 9,2% in linea con la ripresa del settore in tutto il Mediterraneo, e le previsioni per il 2019 sono ancora più buone. Il tempo, dunque, diventa fondamentale se non si vuole perdere questo treno: bisogna decidere in fretta l'alternativa al passaggio per il bacino di San Marco e il canale della Giudecca, anche perché le stesse esigenze ambientali impongono di abbandonare le navi più vecchie e quindi più inquinanti che le compagnie avevano rimesso in circolo alcuni anni fa per ridurre la stazza presente a Venezia entro le 96 mila tonnellate come atto di buona volontà in attesa delle decisioni del Governo.
Dove e come vengono dopo ma non son meno importanti: il progetto che verrà scelto sarà il dove (canale industriale Nord a Porto Marghera, porto traghetti di Fusina, San Leonardo, bocca di porto del Lido, Malamocco... ) ma per chi lavora con le crociere non sarà sufficiente: «È necessario un numero minimo di ormeggi contemporanei (almeno 5) per garantire una naturale continuità all'attuale traffico nel rispetto della pluralità degli operatori. Questo nella situazione attuale, non parliamo, poi, di ulteriori incrementi auspicati - afferma Alessandro Santi presidente di Assoagenti Veneto e vicepresidente di Federagenti -. E nessuna delle proposte sul tavolo può dare da sola una risposta a questa esigenza, per cui dovrà operare comunque in appoggio o come completamento alla Marittima».
SCAVARE IL CANALE
Da questo, sempre riguardo al come, deriva l'altra necessità di effettuare un intervento di manutenzione sul canale Vittorio Emanuele III come unica via alternativa al passaggio davanti al bacino di San Marco. Gli ambientalisti contestano questo progetto, che lo stesso sindaco Brugnaro sostiene sin da quando era ancora presidente di Confindustria Venezia, perché dicono che aprirebbe un'altra profonda ferita nella laguna (oltre al canale dei Petroli Malamocco-Marghera) e perché non si saprebbe dove sistemare i fanghi inquinanti che verrebbero scavati. Per gli operatori, invece, sarebbe un intervento dovuto e naturale: «Un adeguato approccio scientifico, lo auspichiamo da tempo, permetterà di sfruttare l'opportunità di ricalibrare un canale esistente che nel tempo si è naturalmente insabbiato e non ha certamente contribuito alla lamentata dispersione dei sedimenti - conclude Santi -. E i fanghi, in conformità a protocolli in fase di finalizzazione, dovrebbero essere utilizzati per la ricostruzione morfologica di parti della Laguna che invece, per colpa degli agenti atmosferici, sta subendo da anni un continuo depauperamento».
Elisio Trevisan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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