Dramma nella solfatara padre, madre e figlio inghiottiti dal cratere

Mercoledì 13 Settembre 2017
Dramma nella solfatara padre, madre e figlio inghiottiti dal cratere
L'ingresso degli inferi, dimora del dio Vulcano, era qui, come scriveva Strabone, già nell'epoca imperiale romana. La Solfatara, porta di un mondo misterioso, tra fumarole, crateri e fangaie, aveva subito affascinato Lorenzo, 11 anni, in vacanza in Campania con la mamma Tiziana, il papà Massimiliano e il fratellino Alessio di sette anni. Venivano da Meolo, in provincia di Venezia. Prima a Pompei e poi nei Campi flegrei, immersi in un mondo di ricordi classici e misteri della natura.
Uno spettacolo unico, per Lorenzo, che non ha resistito a guardarlo a distanza, da dietro la transenna di legno che delimitava la zona di pericolo a ridosso della Fangaia, terreno di impasti di acque piovane e condensazioni di vapori, non distante dalla Bocca grande, la fumarola più maestosa della Solfatara. Pochi attimi, qualche minuto prima di mezzogiorno. Lorenzo ha superato la recinzione, dove un cartello avvertiva del pericolo. Il terreno gli è venuto subito a mancare da sotto i piedi, è sprofondato in una buca fangosa di due metri e ottanta centimetri. Il figlio in pericolo, da mettere in salvo: papà Massimiliano, ingegnere di 47 anni, e mamma Tiziana, 45 anni dipendente della società di sicurezza all'aeroporto Marco Polo di Venezia, hanno prima imposto al piccolo Alessio di non muoversi e poi si sono precipitati ad aiutare Lorenzo immerso nella voragine.
Il confine tra vita e morte è assai labile, si supera in pochi secondi. Quei secondi bastati al piccolo Lorenzo e ai suoi due genitori, che si erano gettati nella buca per tirarlo fuori, per perdere la vita. Tutto è avvenuto sotto gli occhi di Alessio, impaurito e in lacrime. Sono accorsi i dipendenti della Solfatara, area di proprietà privata gestita dalla Vulcano Solfatara srl della famiglia Di Salvo, erede del capostipite De Luca che avviò l'attività agli inizi del secolo scorso. Nulla hanno potuto. E nulla hanno potuto i sanitari del 118, allertati alle 12,07 e accorsi dal vicinissimo ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli.
Morti papà, mamma e primo figlio della famiglia Carrer. Assassina l'anidride carbonica che si è sprigionata dalla buca e ha fatto strage. Ha pianto, il piccolo Alessio, portato via subito, mentre i corpi dei suoi familiari venivano coperti da teloni grigi. Allontanati subito i gruppi di turisti che erano presenti in quel momento, sparsi negli itinerari disseminati tra La Fangaia, la Bocca Grande, Il Pozzo, Le Stufe, L'antica sala del bianchetto.
«Il bambino è stato portato qui da me, dove ha bevuto qualcosa - racconta Armando Guerriero, titolare del bar omonimo inaugurato nel 1931 dal padre, di fianco il cancello della Solfatara - C'era un'assistente sociale con lui. È stata una cosa tremenda, lavoro qui da 40 anni e non c'è stato mai un incidente nella Solfatara».
Piangeva, Alessio, e chiamava mamma Tiziana. Il cancello d'ingresso della Solfatara viene sbarrato. Arriva il pm Ilaria Mancusi Barone della Procura di Napoli, arriva un'auto della polizia e una dei vigili del fuoco. C'è anche un'auto dell'Osservatorio vesuviano, struttura scientifica che tiene d'occhio e monitora di continuo quest'area vulcanica sviluppata in orizzontale. E Francesca Bianco, direttrice dell'Osservatorio, conferma: «Sull'area della tragedia, c'era una voragine già segnalata e delimitata che si è aperta su un terreno con basso coefficiente di solidità».
La voragine si era aperta in mattinata. Era stata delimitata e ne era stata segnalata la pericolosità con un cartello. Non prima che fossero stati avvisati i vulcanologi dell'Osservatorio vesuviano. Spiega Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo, appena uscito dai cancelli della Solfatara: «C'è stato un cedimento della superficie, in un terreno a ridosso della Fangaia assai instabile. La temperatura non era alta, né la voragine profonda. Ritengo, con ogni probabilità, che siano state le inalazioni di anidride carbonica ad uccidere in così poco tempo le povere tre vittime».
La aree a rischio sono delimitate da staccionate in legno e interdette da cartelli. Pasquale Cirillo vive a pochi metri dalla Solfatara ed è titolare della Mediterranea service, società che fornisce guide per tour turistici anche alla Solfatara. Dice: «Il periodo di maggiore affluenza qui è compreso tra marzo e maggio. Vengono organizzate molte visite guidate con le scuole. All'ingresso, una piantina spiega bene il percorso obbligato con i rischi. Se il tour è gestito da guide specializzate e professionali, conoscono bene ogni cosa e avvertono di continuo che non bisogna superare le barriere, che bisogna stare attenti. Poi, chi entra da solo viene avvisato all'ingresso e gli si consegnano mappe che spiegano rischi. Mai sentito di incidenti qui».
Eppure, le visite sono iniziate sin dal 1900. Prima la Solfatara era solo meta di specialisti e tecnici. Poi l'apertura al pubblico, lo sfruttamento a biglietto con una società passata di eredità in eredità. Oggi, la media dei visitatori annuali si aggira tra i 250-300mila. Un luogo da mito, un'area dal perimetro di due chilometri e 300 metri che è stata anche location di film. Qui sono stati ripresi Totò e Fiorello.
Oggi, la Solfatara resterà chiusa e a Pozzuoli ci sarà una giornata di lutto cittadino. Lo ha annunciato il sindaco Vincenzo Figliolia. Si è messo in contatto a telefono con Loretta Aliprandi, sindaco di Meolo: «Sono sconvolto, c'è da capire cosa è successo». Sono passate cinque ore, quando i tre corpi vengono portati via dai carri funebri. La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo. Sarà l'esame medico legale ad accertare le cause della morte. Il piccolo Alessio è in un albergo di Pozzuoli con un'assistente sociale. Lo raggiungerà la nonna materna per riportarlo a casa. Negli occhi, le immagini dell'ingresso degli inferi che ingoia la sua famiglia.
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