Sparito il carretto dei morti Teppisti in azione a Valle

Domenica 23 Settembre 2018
Sparito il carretto dei morti Teppisti in azione a Valle
LA STORIA
PORDENONE Dispetto, furto o teppismo? I Soliti ignoti colpiscono ancora, prendendo di mira un carro funebre molto speciale, senza motore e con le ruote di gomma. È quello che fino al 27 agosto del 2017 era solito utilizzare don Giacomo Tolot, in pensione da poco più di un anno, per provvedere all'ultimo viaggio dei morti dalla chiesa di Vallenoncello in direzione del vicino cimitero. Con la partenza del parroco verso l'eremo di Barcis, il manufatto in ferro battuto (opera dell'artigiano locale Antonio Muz) era a sua volta finito in quiescenza, ospitato prima nel cortile della canonica e poi nell'ex stalla adiacente al complesso dei Santi Ruperto e Leonardo, protetto da una cancellata.
RUBATO
Adesso è sparito. Così, nella frazione sud di Pordenone, le ipotesi sul fatto si rincorrono. Qualcuno dice che sia stato rubato per essere poi smontato, fuso e venduto a peso. Altri ci vedono un semplice vandalismo, confidando che prima o poi sarà ritrovato da qualche parte. Magari sull'argine del fiume, come è già successo per una delle panchine del campo sportivo. Altri ancora temono sia un atto di teppismo deliberato contro uno dei simboli del vecchio sacerdote, noto per le sue battaglie antimilitariste e poco convenzionali. La sostanza non cambia: il carretto non c'è più. A dolersene, in particolare, è il suo autore: l'82enne Antonio Muz. «Purtroppo - racconta l'artigiano - non è il primo episodio di questo tipo che si verifica qui a Valle e non sarà l'ultimo. L'avevo forgiato con le mie mani negli anni Novanta: ne ero fiero, come di altri lavori fatti per la nostra chiesa. Spero che possa essere recuperato, ma francamente non ci credo molto». Anche Gino Comin, che fa parte del gruppo dei volontari parrocchiali, appare perplesso. «Era piuttosto pesante - sostiene -, quindi non era facile sollevarlo oltre il cancello e portarlo via, sia pure con l'eventuale copertura del buio».
SEGNALI
La vicenda non è suggita a don Tolot, che ora vive a Mezzocanale, occupandosi della cura delle anime di Barcis e di altri piccoli centri della Valcellina. «Era uno strumento dignitoso e appropriato, con simboli cristiani che lo rendono non facilmente piazzabile - spiega il sacerdote -. Ricordo con piacere che dalla Curia ci era stato chiesto in prestito per provvedere alla traslazione della salma del vescovo Abramo Freschi, morto nel 96, dal cimitero urbano alla cappella del Centro pastorale diocesano». Come interpreta il caso? «Aveva accompagnato decine e decine di persone - aggiunge -. È un pessimo segnale, un episodio d'inciviltà. Fa il paio, pur ritenendo i due fatti scollegati, con un altro gesto recente: il liquido che ha bruciato l'erba che copriva parte della tomba di mia madre, a Meduna di Livenza. Non volevo fiori per lei. Avevo creato invece una sorta di piccolo giardino della pace, in memoria della mia famiglia». Balordi anche lì.
Pier Paolo Simonato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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